“Carlo si era guardato intorno, le tende piantate in giardino, alcune delle loro cose sparse alla rinfusa sulla terra gli ricordarono che aveva perso tutto. Anche il suo passato. Emma gli passò accanto, sentì la sua mano poggiarsi sulla sua spalla. Devo dirglielo. Dirle che non potrò mai perdonarla. D’improvviso le sue mani si animarono, le sbatté in faccia la lettera: come hai potuto farmi questo”.
Il Silenzio delle Campane (Round Robin Edizioni), il romanzo d’esordio delle giornaliste Jessica Bianchi e Antonella De Minico, è una delle testimonianze più toccanti del terremoto dell’Emilia del 2012 che ha lasciato una ferita profonda nel nostro territorio, nella nostra identità collettiva e nella nostra storia. La lente d’ingrandimento è qui puntata su Carpi e sui carpigiani.
Il silenzio di cui si parla nel titolo è il silenzio assordante delle campane del Duomo che non rintoccano più le ore, l’assenza dei passi sul ciottolato della piazza e del cicaleccio sotto i portici, sostituito dal suono delle sirene delle ambulanze e delle allerte al megafono della protezione civile.
Leggere Il Silenzio delle Campane dopo 8 anni da quel tragico evento, e in un momento delicato come quello che stiamo vivendo a causa dell’emergenza nazionale, è un’esperienza forte, commovente e quasi necessaria.
Il romanzo non vuole essere una cronostoria del sisma, ma riesce a trascinare il lettore lontano dalle astrazioni e a farlo tornare tra le persone in carne e ossa, tra gli “sfollati” accampati in tenda nei giardini, con gli sguardi rivolti alle macerie, e i pensieri in bilico tra paure e speranze.
La lente delle due autrici fa un ulteriore zoom e si ferma su due famiglie in particolare. Due famiglie che erano spezzate ancor prima del sisma, pur non avendone ancora piena consapevolezza. Il sisma non ha fatto altro che scuotere la loro parte più nascosta e portarne alla luce le crepe.
Ci sono Emma e Carlo, una coppia di settantenni orfani del loro unico figlio, il cui matrimonio, all’apparenza solido e infrangibile, viene messo improvvisamente in crisi da un segreto che riemerge dal passato. E poi ci sono Giacomo e Anna con le loro figlie Francesca e Alessia, ma c’è anche Nina, la nuova compagna di Giacomo, una bella ragazza di origini moldave, che da lui aspetta un figlio.
Le vite di queste due famiglie, di questi vicini di casa che si ritrovano a trascorrere le giornate in tenda e a condividere pasti frugali cucinati su fornelli da campeggio, si snodano tra la necessità di ricostruire e la paura di non farcela.
Le promesse dei politici che si scontrano con le falle della realtà, le lungaggini burocratiche, le speculazioni sui prezzi degli affitti, la perdita del lavoro: anche questo è stato il sisma del 2012. Le case, di colpo, sono diventate inagibili, instabili, precarie come le vite.
Il terremoto è, infatti, anche il pretesto perché le esistenze di ciascuno si rivelino, come accade dentro ogni grande dramma.
Carlo è ancora sicuro di conoscere così bene sua moglie e di volerle restare accanto?
E Anna è certa di poter scaricare tutte le colpe su un marito farfallone e irresponsabile? E poi ci sono Francesca e Alessia, due sorelle che hanno sofferto insieme per la freddezza della madre e le assenze del padre, e che sono sopravvissute, seppure in maniera diversa. Ma adesso anche l’equilibrio precario che erano riuscite a costruirsi sembra vacillare, per il vuoto di un figlio e di molto l’altro.
Parallelamente agli sforzi di ricostruzione delle case, ogni personaggio inizia a tentare anche una lenta e tormentata ricostruzione di sé.
I personaggi non lo sanno ma si trasformano nel corso della storia e, contemporaneamente, trasformano il proprio dolore, e cercano di riparare le proprie crepe.
Jessica Bianchi e Antonella De Minico riescono, con grande profondità evocativa, a restituire la quotidianità di ciò che è stato il sisma del 2012, consegnandoci una testimonianza intrisa di drammaticità ma anche di leggerezza nel senso più calviniano del termine, di dirompente disgregazione e speranzosa unione, e ci dicono, ancora una volta, che è possibile rinascere dalle macerie di una casa come da quelle di una vita.
Chiara Sorrentino