Una tragedia si è consumata intorno alle 11,30 al civico 16 di via Longhena a Carpi dove un padre, pensionato, di 69 anni, ha soffocato il figlio tetraplegico, 37enne, sul suo letto, con un sacchetto di plastica, prima di togliersi la vita con un coltello.
La moglie, dopo essere uscita per fare la spesa, al rientro ha trovato la porta di casa chiusa dall’interno e ha immediatamente chiamato Vigili del Fuoco e Carabinieri. Una volta dentro la scena si è rivelata in tutta la sua drammaticità. Al momento l’ipotesi più accreditata pare essere quella dell’omicidio suicidio.
Il padre avrebbe lasciato una lettera nella quale invita l’altra figlia a restare vicina alla mamma.
Ed è un dolore profondo quello espresso da Sergio Zini, presidente della Cooperativa Nazareno: “conosciamo la famiglia da 19 anni. Questo ragazzo era sempre lieto, amava farsi coinvolgere… Questa notizia mi ha profondamente sconcertato. Sono sgomento perché abbiamo sempre avuto la percezione che la disabilità di questo ragazzo fosse ben affrontata e vissuta dai familiari senza particolari difficoltà. Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Un fulmine a ciel sereno.
Non abbiamo mai avuto sentore di nulla e questo ci obbliga, tutti noi, a una riflessione:
dovremo diventare molto più bravi a restare vicini alle famiglie che convivono con la disabilità per poter cogliere ogni segnale di sofferenza o disagio ed essere così pronti a intervenire. Stiamo attenti. Tutti noi. Al momento però restano un senso di impotenza e disperazione che spezzano le gambe e tolgono il fiato”.
“Una tragedia che lascia sgomenti”. Sono queste le prime parole del sindaco Alberto Bellelli. “Non appena saputa la notizia ho fatto verificare la situazione del ragazzo che era seguito dai Servizi Sociali e inserito in un Servizio diurno per disabili.
I suoi famigliari erano stati contattati per sapere quale fosse la situazione e se avevano bisogno di qualcosa affinché venisse eventualmente attivato un servizio di assistenza di tipo domiciliare. Gli operatori non hanno ravvisato difficoltà e i familiari si erano dimostrati tentennanti di fronte all’ipotesi di un reinserimento rapido qualora il centro avesse riaperto considerato il delicato quadro sanitario del figlio. Questo è il momento del rispetto, del cordoglio. E per questa città anche il momento di capire che accadono cose, fra le mura domestiche, che sono drammatiche e che non dobbiamo mai perdere la cultura dell’interessarsi al nostro prossimo: questa volta la famiglia non era stata lasciata sola, però quella famiglia stava probabilmente vivendo qualcosa che nessuno è riuscito a capire.
Da questo punto di vista il mio appello è alla riflessione, alla comprensione, a non lasciarsi andare a giudizi che risulterebbero fuori luogo.
Era doveroso da parte mia accertare che nessuno fosse stato lasciato indietro ma ciò non lenisce la mia profonda costernazione di fronte a questa immane tragedia”.
Jessica Bianchi