In Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena sono ricoverati 127 pazienti Covid positivi: 47 all’Ospedale Civile e 80 al Policlinico. Di questi, sono in terapia intensiva 26 pazienti, di cui 8 nella terapia intensiva del Policlinico di Modena e 18 presso l’Ospedale Civile, e 6 pazienti in sub intensiva, distribuiti tra i due ospedali. In degenza ordinaria sono seguiti 95 pazienti, 29 all’Ospedale Civile di Baggiovara e 66 al Policlinico.
Continua dunque il calo dei ricoveri come si può osservare dal grafico (colore blu) e in Terapia Intensiva (colore rosso), frutto delle misure di isolamento sociale finora attuate. “Dalla Covid Room del Policlinico – spiega il responsabile dottor Lucio Brugioni – abbiamo dimesso circa 150 pazienti in questo mese. Quando si dimette un paziente è necessario avere pazienta. Normalmente occorre attendere almeno una decina di giorni dalla fine della fase acuta. Grazie a questa accortezza, e alla stretta collaborazione con tutti gli specialisti – pneumologi, infettivologi, intensivisti – i rientri di pazienti dimessi sono stati davvero contenuti. Il mantra che ci deve guidare è avere pazienza, perché questo virus ha degli aspetti peculiari. Oggi siamo più ottimisti, rispetto all’inizio, perché abbiamo capito come curarlo. Non abbiamo farmaci specifici, non abbiamo ancora il vaccino, ma i farmaci che stiamo usando, se somministrati nei tempi giusti, sono efficaci. Il cauto ottimismo di questi giorni viene dalla consapevolezza che ora sappiamo come muoverci, ad esempio è fondamentale, oltre al distanziamento sociale, il fatto che i pazienti curati a casa sono seguiti al meglio”. Dello stesso parere anche il dottor Giovanni Pinelli, responsabile della Covid Room di Baggiovara: “in questi giorni stiamo vivendo la fase di riduzione di questa malattia. Basti pensare che la nostra Area Covid di Baggiovara ospita 31 pazienti, quando nel momento di massima affluenza abbiamo ospitato anche 90 persone. Nella drammaticità di quello che abbiamo vissuto, credo che tutto il sistema si sia arricchito di competenze e di esperienze umane. Nella tragedia ci sono stati aspetti positivi che sono tipici del sistema sanitario pubblico. Nel giro di 24 ore, infatti, nei nostri ospedali sono state chiuse e riconvertite intere unità operative, grazie al lavoro incredibile di tutti, dall’Ingegneria clinica ai facchini. Abbiamo aggregato medici e personale infermieristico di ogni unità operativa, che hanno lavorato insieme, mettendo da parte ogni personalismo. Siamo riusciti a fare squadra anche con gli ospedali periferici, gestendo insieme i pazienti più difficili. E’ questo, a mio avviso, il più grande risultato che ci portiamo a casa. Un accenno importante lo merita il personale infermieristico. Abbiamo avuto infermieri di area chirurgica proiettati in 24 ore in un’area medica dove il rapporto col paziente è estremamente diverso, più personale e dove quindi risulta molto più difficile abituarsi alla morte. Li abbiamo visti piangere per la fatica e l’impatto emotivo. Li abbiamo, però. anche visti sorridere e fare il gesto dei pollici su (l’unico che si può fare) al ritorno di un paziente intubato che era rientrato dalla Terapia Intensiva e si avviava a un percorso di miglioramento.
Abbiamo capito come alcuni aspetti del prendersi cura vadano incentivati. Ad esempio, i nostri infermieri hanno organizzato feste di compleanno per i pazienti costretti a vivere in solitudine. Ci siamo resi conto di quanto importante sia il valore della comunicazione in una malattia che rende soli. La tecnologia ci ha aiutato in questo, grazie anche ai device messi a disposizione dalla Regione tramite Lepida, che ci hanno consentito di effettuare le video chiamate tra i pazienti e i famigliari.
Abbiamo capito molte cose sulla malattia, che prima non conoscevamo. Questa esperienza ci rende più forti e organizzati se dovesse ripresentarsi la malattia. Credo, quindi, che possiamo vedere molto più positivamente il futuro, pur con tutte le cautele del caso”.