“Ho 48 anni e vivo a Carpi. Ho scoperto di soffrire di endometriosi nel 1999 grazie a un ginecologo che porto nel cuore e che ha creduto ai miei sintomi e non mi ha risposto come tanti altri che mi liquidavano dicendo che non sopportavo il dolore. Operata a Trento, dopo 6 ore in sala operatoria, organi urogenitali incollati dalle aderenze e nodulo retto sacrale (endometriosi di 4 grado). Dopo un anno di menopausa indotta, nel 2000 un secondo intervento di controllo. Continuo ad assumere ormoni e a combattere ogni 21 giorni con i dolori e le conseguenze sulla vita di ogni giorno. Mi sposo e con la consapevolezza che non sarei riuscita a rimanere incinta, mi affido alle cure di un ginecologo che tuttora mi segue. Vista la mia anamnesi mi consiglia di preparare le carte per un’eventuale inseminazione. E invece, dopo 2 mesi, quando pensavo di dover tornare sotto ai ferri, scopro di essere incinta. La vita mi ha regalato il miracolo più grande che potesse accadermi, mia figlia Francesca che ora ha 16 anni. Una breve pausa e, due anni dopo il parto, subisco il terzo intervento. Isterectomia sub totale, asportazione utero e tube, ricostruzione della vescica e scollamento delle aderenze. Decido di tenermi il nodulo al retto per evitare la deviazione intestinale definitiva. Sono passati quasi 14 anni, convivo con questa patologia, cambiando spesso le cure ormonali a cui non posso rinunciare e con i sintomi che puntuali si ripresentano. Vivo con la speranza che almeno la menopausa possa alleviarli. Oggi questa nostra patologia è più conosciuta e sono fiera del lavoro delle ragazze come Vania e di tutte quelle che si stanno facendo promotrici e divulgatrici. Felice di portare la mia testimonianza. E ricordate la voce di ognuna di noi è la voce di tutte”. Anche Cristina Bellintani è “una su dieci”. Questa è l’incidenza dell’endometriosi di cui, fino a qualche anno fa, poco o niente si sapeva. Tecnicamente è la crescita dell’endometrio al di fuori del luogo dove si trova abitualmente, ovvero la parte interna dell’utero, cioè quella che porta alle mestruazioni o che, al contrario, in caso di concepimento, si trasforma per creare il terreno fertile alla formazione di una nuova vita. A volte, però, per motivi non ancora del tutto compresi, l’endometrio cresce in zone anatomicamente diverse: dalle tube all’ovaio, dall’intestino alla vescica, e ciò comporta una serie di problematiche anche piuttosto importanti. L’endometriosi è spesso causa di infertilità e porta conseguenze invalidanti, sia sul fronte della salute che su quello lavorativo. Eppure se ne parla poco e le donne che ne soffrono sono spesso vittime di pregiudizi e discriminazioni.
Per abbatterli e promuovere la conoscenza di questa patologia ricorre a marzo il mese della consapevolezza dell’endometriosi e diverse iniziative vengono poste in essere in Italia. Inoltre, sempre a marzo, in 55 capitali del mondo, viene organizzata la WorldWide Endomarch. L’edizione italiana è in programma il 28 marzo a Roma. “In considerazione delle ricadute sociali dell’endometriosi e di quanto l’informazione possa contribuire sul fronte della prevenzione tante di noi, in tante città italiane – spiega Cristina – si stanno prodigando affinché i Comuni illuminino di giallo un monumento. Tale gesto rappresenterebbe un tassello importante nella battaglia per la conoscenza e contro l’indifferenza che tutte noi donne, affette da endometriosi, siamo costrette a combattere ogni giorno”. L’iniziativa Facciamo luce sull’endometriosi (www.facebook.com/facciamolucesullendometriosi/) è stata promossa da Vania Mento di Vercelli e ha rapidamente contagiato tutta Italia: sono già 160 i Comuni che hanno aderito e faranno luce (gialla) sull’endometriosi.
Sara Gelli