“Le immagini che vediamo sono terribili, angoscianti e riguardano tutti noi”, così Jessica
D’Ammone, carpigiana residente in Australia, inizia il racconto sull’inferno di fuoco che da mesi sta devastando il continente che l’ha accolta da cinque anni e in cui è decisa a rimanere. “I volontari lottano giorno e notte, così come i Vigili del Fuoco, contro i roghi. In molti casi, lavorano gratuitamente. A Perth, dove vivo io, ci sono stati tre fuochi principali. Uno a nord della città nel parco naturale di Yanchep che per quasi tre quarti è andato distrutto. Il parco ospitava un centro di ripopolamento per koala e, fortunatamente, questi sono stati salvati in tempo, mentre la fauna che era libera nel parco è dovuta scappare e molti animali hanno perso la vita. Gli altri due incendi, invece, si sono propagati a sud di Perth e sono presumibilmente di origine dolosa”.
Quindi ci sono diverse cause all’origine del disastro umano e ambientale?
“La causa, come è stato spiegato dagli esperti, è una combinazione di riscaldamento globale, piromani e fuochi accidentali. Un tempo gli aborigeni in inverno bruciavano parti del territorio (10-15%) e questo faceva sì che i liquidi infiammabili contenuti nelle piante come l’eucalipto scaricassero permettendo così di circoscrivere i fuochi che scaturivano nelle stagioni secche. Col passare del tempo questa pratica è andata scemando e adesso i fuochi sono diventati fuori controllo. La maggior parte delle piante australiane sono Pyrophyte plant il che vuol dire che o sono resistenti al fuoco o addirittura necessitano del fuoco per riprodursi. Pertanto, gli australiani non sono preoccupati del danno arrecato alla flora bensì alla fauna decimata dagli incendi”.
Cosa possiamo fare per aiutare?
“I Vigili del Fuoco e i volontari hanno ricevuto talmente tante donazioni di cibo e utensili che hanno deciso di sospenderle per il momento. Le associazioni a tutela degli animali, invece, hanno lanciato un appello a coloro che sanno cucire per invitarli a realizzare dei marsupi (pouch) per accogliere i piccoli marsupiali tra cui opossum, koala e wombat che hanno bisogno di luoghi caldi (come era il marsupio della loro mamma) in cui crescere al sicuro. Basta navigare su Internet per trovare le istruzioni su come farli e spedirli”.
Poi, c’è Martina Reguzzoni, che vive nello stato del Queensland nella parte nord-orientale del continente e che, se da un lato si ritiene fortunata perché non si trova nelle vicinanze di nessun incendio pericoloso, dall’altro lato prova angoscia e preoccupazione per la drammatica situazione che molti suoi amici e conoscenti e, in generale l’intera popolazione stanno attraversando. “Mi sono tenuta aggiornata seguendo le pagine Instagram delle Tv locali, guardando video e foto di quanto accadeva nelle altre parti del continente e, ogni volta, mi venivano i brividi. Gli incendi sono scoppiati a inizio settembre nel New South Wales e sembrava quasi normale la situazione con i primi caldi della primavera (essendo questo un clima caldo e arido da sempre); poi le notizie e le testimonianze con video fatti dai cittadini e dai pompieri hanno iniziato ad aumentare e a farsi sempre più critiche e lì ho capito che qualcosa non andava. Ho raccolto un po’ di dati per capire la situazione e per aggiornare anche la mia famiglia in Italia. Il Bureau of Meteorology, ovvero l’agenzia australiana per il tempo, il clima e l’acqua, ha dichiarato come il 2019 sia stato per l’Australia l’anno più caldo e soprattutto secco (quasi 1 grado e mezzo sopra la media) di sempre, e il bilancio di questo cambiamento climatico è terribile: 28 morti accertati e numerosi dispersi, più di duemila abitazioni ed edifici distrutti e un miliardo di animali morti con alcune specie, come i koala, a rischio estinzione, e più di 6 milioni di ettari bruciati (l’equivalente di Piemonte e Lombardia insieme)”.
Il governo avrebbe potuto prevenire e contenere i danni?
“Qui tutti ne sono convinti. Non solo il governatore non ha rinunciato alle sue vacanze per affrontare il problema incendi scoppiato in estate, ma il governo ha smesso di investire sul back burning, termine con cui si fa riferimento alla prevenzione degli incendi. Si fa un gran parlare di adottare comportamenti più ecologici, ma la verità è che per quanto noi cerchiamo di modificare le nostre abitudini quotidiane per ridurre l’impatto sull’ambiente, se i governi mondiali non agiscono in maniera decisiva per invertire la rotta, purtroppo non vedo scenari positivi per il futuro, non solo dell’Australia, ma di tutto il mondo. Inoltre, adesso stiamo pagando lo scotto dell’inquinamento causato negli anni passati e quindi non oso immaginare cosa potrà accadere nei prossimi anni”.
Chiara Sorrentino