Il principale responsabile del riscaldamento globale è l’emissione di gas serra in atmosfera, prima fra tutti l’anidride carbonica (CO2). “Ogni italiano residente – spiega il dottor Vittorio Marletto, responsabile dell’Osservatorio Clima Arpae – produce mediamente 7 tonnellate di anidride carbonica all’anno (dati Ispra): l’equivalente del peso di un autobus, una cifra colossale. Una media che, a dir il vero, in Emilia Romagna, più ricca ed energivora rispetto ad altre regioni italiane, sale a 9 tonnellate”. La nostra casa è in fiamme e occorre correre ai ripari anche se, aggiunge Marletto, “il problema ha ormai una dimensione tale che le azioni dei singoli individui hanno poco peso per invertire la tendenza. E’ lo Stato, e tutte le sue espressioni territoriali, a doversi impegnare – e in fretta – per abbandonare l’impiego di fonti fossili e favorire sistemi che non impattino sul clima. Una transizione energetica che deve compiersi tassativamente nei prossimi 20, 25 anni”. Il dottor Marletto è laconico: “in atmosfera non vi è più spazio per ulteriori accumuli di anidride carbonica. L’obiettivo dev’essere quello di tagliare del 50 percento le emissioni di CO2 entro il 2030 e raggiungere lo zero nei dieci anni successivi”.
Facile a dirsi, difficile a farsi dal momento che “gli Stati pare non vogliano capire l’urgenza di tali azioni ma il rischio che si superino i livelli di guardia è dietro l’angolo. L’Australia in questo momento è emblematica. Lì, dove tali livelli sono stati oltrepassati, gli incendi sono divenuti incontrollabili. Non vi sono più i mezzi per controllare questi fenomeni” e lo scotto da pagare in termini di vite umane e risorse naturali è incalcolabile.
Certo l’Italia non è caratterizzata dal clima torrido australe ma sta comunque subendo gravissimi danni a causa del cambiamento climatico: “nel 2012, ad esempio, in Emilia Romagna l’estate fu talmente calda da determinare la perdita di quasi tutta la produzione di mais della regione e provocando così circa mezzo miliardo di euro di danni. Non dimentichiamo poi i danni inflitti al territorio qualora le ripetute piene dei fiumi provochino rotture negli argini; per non parlare delle vite umane stroncate dalla straordinaria ondata di calore dell’estate del 2003, quando molti non erano ancora dotati di un sistema di condizionamento in casa”. Insomma, il clima che cambia ha “costi enormi”, sottolinea il responsabile dell’Osservatorio Clima Arpae.
Numerosi gli studiosi che hanno approntato piani per favorire un cambiamento e giungere all’obiettivo di azzerare – o quasi – l’uso di fonti fossili, sfruttando l’energia derivante da fonti rinnovabili: “tale riconversione avrebbe anche una positiva ricaduta economica e occupazionale. Un vero toccasana per il nostro Paese ma l’Italia è dominata dal paradigma gas, petrolio e persino carbone. Basti pensare che sul territorio nazionale operano ancora una dozzina di centrali termoelettriche a carbone, le più impattanti per quanto riguarda la produzione di gas serra”.
Una sporca dozzina che rappresenta un presente di cui dovremmo al più presto disfarci. “Dobbiamo aggredire le emissioni e diventare un Paese che non spreca energia e sfrutta quella derivante da sole, vento, acqua… su tutte le superfici già consumate e cementificate, ad esempio, – rilancia Marletto – dovrebbe diventare obbligatoria l’installazione di pannelli fotovoltaici”.
E, ancora, è necessario che tutto il trasporto, pubblico e privato, punti all’elettrico: “il motore a scoppio è un sistema di produzione di energia del tutto inefficiente. L’80 percento del carburante, infatti, viene sprecato in calore mentre solo il 20 percento si trasforma in movimento. Questo significa che 4 petroliere su 5 se ne vanno in calore. Inaccettabile! I motori elettrici, al contrario, sono altamente efficienti e freddi”.
E che dire poi del patrimonio edilizio italiano? Edifici colabrodo che potrebbero diventare il volano della ripresa economica. “Se facessimo simbolicamente il cappotto all’Emilia Romagna – spiega il dottor Vittorio Marletto – la domanda energetica calerebbe e il sistema diverrebbe maggiormente efficiente. Per scaldare un’abitazione basterebbe una pompa di calore alimentata da pannelli fotovoltaici. In questo modo si scalderebbero – o climatizzerebbero – gli ambienti impiegando fonti rinnovabili e dicendo così addio al gas”. In un sistema di questo tipo vincerebbero tutti e a beneficiarne, conclude Marletto, sarebbero “il clima, la salubrità delle nostre città, l’economia del Paese e le tasche di tutti noi”.
Jessica Bianchi