Il tema è di quelli che scottano, poiché la presenza di un enorme e deteriorato tetto in cemento – amianto all’interno del tessuto urbano rappresenta un potenziale pericolo per la salute pubblica. Dopo aver denunciato nelle scorse settimane il pessimo stato di conservazione della copertura in eternit del capannone della ex Sicar di via Lama di Quartirolo Interna, il Comune di Carpi ha deciso di attivarsi per risolvere il problema nonostante la proprietà sia privata, come assicura l’assessore a Urbanistica e Ambiente Riccardo Righi. “Il capannone facente capo all’ex Sicar – sottolinea – rappresenta un elemento critico, sia in termini di degrado urbano che per i potenziali rischi derivanti dalla notevole superficie in cemento-amianto, ad oggi, in apparente stato di pessima conservazione. Di norma senza una precisa segnalazione da parte dei soggetti direttamente interessati non è possibile intervenire, ma in questo caso specifico, viste le emergenze, la rilevanza sul tessuto urbano e le criticità trasversali faremo avviare il procedimento istruttorio. Riguardo ai tempi dipenderà soprattutto dal grado d’attenzione e dalla partecipazione attiva dei proprietari dell’immobile ma noi faremo in modo di assicurarci la massima celerità ed efficienza”. Tempi lunghi dunque dal momento che, qualora la proprietà del fabbricato si dimostri – come in questo caso – disinteressata, “l’iter d’intervento si allunga sensibilmente. Inoltre – aggiunge l’assessore Righi – per forza di legge, in termini di bonifica, si può forzare un intervento d’incapsulamento, confinamento o rimozione solo in caso di evidenti criticità rispetto a stato di conservazione e presenza di siti sensibili adiacenti”.
L’area dell’ex Sicar è una bomba a orologeria. Il cancello è aperto e basta poco per rendersi conto delle pessime condizioni in cui versa l’intero sito dismesso dopo il fallimento. Il cortile è una discarica a cielo aperto: la spazzatura è ovunque. Cumuli di cartoni, pallet, laterizi e persino materassi giacciono a terra, abbandonati. Una situazione a dir poco vergognosa che preoccupa le attività adiacenti.
Certo se i vicini si facessero avanti per fare le opportune segnalazioni al Settore Ambiente – “impegnato sul fronte amianto a partire dal 2001, svolge un ruolo di catalizzatore rispetto al processo istruttorio e attuativo”, spiega Riccardo Righi – renderebbero la vita dell’ente pubblico assai più semplice. La procedura d’intervento prevede alcune fasi: dapprima deve scattare l’acquisizione di una segnalazione formale di una o più persone interessate dal rischio diretto e concreto di esposizione alle fibre di amianto, ovvero da parte di soggetti che occupano o risiedono nelle immediate vicinanze del fabbricato. Dopodiché, una volta verificata la segnalazione, l’Amministrazione richiede al Servizio Igiene Pubblica dell’Ausl di effettuare un sopralluogo finalizzato al riconoscimento dei materiali e del loro stato di conservazione. Infine, comprovato il rischio, si attiva un provvedimento con il quale viene nominato un responsabile di controllo e coordinamento riconducibile alla proprietà/utilizzatori del fabbricato oggetto di indagini, in modo da garantire efficacia di misure, interventi e verifiche periodiche degli elementi in cemento-amianto.
Qualora tali fasi portassero a riscontrare criticità, si notifica alla proprietà un provvedimento che porti alla bonifica dei materiali entro un termine stabilito. La salute pubblica e la sicurezza sono una priorità. Cittadini ed ente pubblico devono far fronte comune affinché questa vergogna venga sanata. E al più presto.
Jessica Bianchi