Il senso della misura

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Dall’incommensurabile all’impercettibile. Abbiamo imparato a conoscere il mondo, misurandolo. Le misure sono intorno a noi e regolano ogni ambito, sia questo concreto, come il peso di un neonato o i chilometri che ci separano dalla meta delle nostre prossime vacanze, o impalpabile, come la filosofia. Sì perché alla logica della misura non sfuggono nemmeno la nostra cultura e il nostro agire quotidiano.  D’altronde già i filosofi scolastici medievali teorizzarono che In medio stat virtus (la virtù sta nel mezzo). Ma come sono nate le misure? A rispondere a questo curioso e affascinante quesito è il carpigiano Emanuele Lugli, assistente professore di storia dell’arte all’Università di Stanford, nel suo nuovo libro The making of measure and the promise of sameness.

Emanuele, perchè un docente di storia dell’arte è così interessato al tema delle misurazioni? 

“Perché ogni artista si interessa a problemi di scala, da Donatello a Dalì. Nel suo David, ad esempio, Donatello si è confrontato con la difficoltà del costruire una figura a grandezza naturale, impresa ben più ardua rispetto a una figurina di piccole dimensioni e in cui uno spettatore non si aspetta di vedere dettagli come le vene della mano o la porosità della pelle. Guardando le riproduzioni su libri, molte persone pensano che Dalì abbia fatto quadri giganti, grandi come affreschi, mentre in realtà sono piccoli come cartoline ed è proprio la loro scala ad averli resi famosi: molti non credevano che fosse stata una persona a dipingerli proprio per la loro precisione. Sono solo due esempi ma non c’è nessun artista, nemmeno quelli digitali, che non si occupi di questioni legate alle misure”.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro? 

“Con questo studio mi interessava capire una questione fondamentale che però in pochi si sono posti: come sono nate le misure? Chi le aveva in custodia? Dopo anni di ricerche, la mia risposta a queste domande, come spiego nel libro, è che il periodo chiave fu il Medioevo. Elemento piuttosto originale dal momento che viene solitamente considerato un periodo buio e ignorante mentre le misure sono associate all’Illuminismo razionale del Settecento (a cui ho dedicato il mio primo libro, Unità di Misura, edito da Il Mulino)”. 

Come le misure hanno influenzato la cultura e le idee?

“Le misure regolano tutto. Quando un bimbo nasce, viene subito pesato. Ci proviamo la temperatura per sapere se siano sani o no. Questi esempi, piuttosto banali in realtà, ci convincono che la stessa essenza della natura si possa comprendere se viene misurata accuratamente. Una delle questioni che affronto nel libro è se questa è un’idea che ha sempre accompagnato l’uomo o se si è sviluppata in un tempo ben preciso, e nel secondo caso (spoiler!) perché”.

Durante le ricerche condotte per scrivere questo libro del tutto originale ti sei imbattuto in qualche aneddoto curioso?

“Più che altro c’è un sacco di Emilia-Romagna in questo libro. Si comincia a Bologna (le misure sono in Piazza Maggiore: andate a vederle, sono scolpite nel Palazzo Comunale, parallele al suolo) e si procede con le misure di Reggio Emilia (sulla colonna del Battistero) e quelle di Modena (sull’abside del Duomo). E potrei citare tanti altri casi (Parma, Piacenza, Rimini, Ferrara, Mirandola: ci sono tutte). Nessuno mi sapeva dire quando fossero apparse queste misure di pietra e come venissero usate. Ora lo so e lo spiego in questo libro”.

Verrà tradotto in italiano?

“Ne dubito, la saggistica non ha il successo editoriale dei romanzi. Quanta gente conosci che ti ha parlato di un libro di storia letto di recente? Pochissimi leggono e ancor meno libri di storia. Sta diventando un’attività piuttosto di nicchia”.

Hai altre pubblicazioni in cantiere?

“Ho una nuova interpretazione dell’uomo vitruviano di Leonardo Da Vinci che apparirà nel catalogo di una mostra che apre a Fano a luglio. E, al momento, sto scrivendo di Botticelli per un nuovo libro”. 

E, infine, come ti senti a vestire i panni di professore di storia dell’arte all’università di Stanford?

“Ah, è stupendo. Il campus e le risorse sono elettrizzanti, gli studenti coinvolti e bravissimi, le conferenze serali sono tenute dai più grandi esperti nel loro campo. Ancora non ci credo. E la pressione è alta visto che ci sono solo io a insegnare grandi maestri come Michelangelo e Raffaello a Stanford. Se nella Silicon Valley non imparano niente dell’arte e della cultura italiana rinascimentale, la colpa sarà soprattutto mia”. 

Il libro si può acquistare in Italia su Amazon e altri rivenditori come ibs.

Jessica Bianchi 

 

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