“L’Hospice San Martino oggi è una realtà: il 28 febbraio abbiamo acquistato il terreno e l’iter progettuale della struttura è pressoché concluso. Con questi due elementi in mano, ora è scattato il conto alla rovescia. Il treno è partito”. E’ fiducioso l’avvocato Daniele Monari, presidente della Fondazione Hospice San Martino onlus, che aggiunge: “ora a essere colmata dovrà essere una sola lacuna ed è per questo che lanciamo una gara di solidarietà. All’appello mancano 1 milione di euro ma confidiamo che nei prossimi 12 mesi questo generoso territorio saprà stupirci ancora una volta aiutandoci a raccogliere tale cifra”. Fiducia a parte il nervo scoperto è un altro: l’operazione Hospice costerà circa 4 milioni di euro, di cui 950mila assicurati dai soci fondatori, ovvero Asp – Azienda di Servizi alla Persona Comuni Modenesi Area Nord, l’Associazione Malati Oncologici di Carpi e dei Nove Comuni Modenesi Area Nord, mentre la parte restante era in carico alle due Fondazioni di Mirandola (1 milione) e Carpi (1 milione). Se l’ente mirandolese ha confermato il suo impegno in tal senso deliberando la cifra nel Piano triennale, la Fondazione Crc ha invece rispedito la richiesta al mittente, bocciandola per “mancanza di informazioni e dati sensibili”. Qualora tale cifra non fosse erogata, chi se ne farà carico? Fino a che punto si può spremere una comunità sempre più provata economicamente e non solo? “Non abbiamo motivo di dubitare dell’impegno preso dalla Fondazione Crc. Recentemente – spiega Monari – abbiamo avuto un incontro e l’ente ha confermato il suo interesse. Entro settembre dobbiamo fornire il progetto definitivo e chiarire alcuni punti, a partire dalla gestione. La Fondazione, infatti, ha chiarito che una volta costruito, l’Hospice dovrà mantenersi con le proprie forze e non contare su future erogazioni da parte dell’ente. Confidiamo nel loro impegno. Lo ripeto, non abbiamo alcun motivo per dubitare della loro disponibilità”. Il fronte gestione rappresenta un ulteriore interrogativo: “di fronte – spiega Monari – abbiamo due strade. Una struttura gestita dall’azienda sanitaria oppure in completa autonomia, ovvero un Hospice accreditato. Accreditamento che, ne siamo consapevoli, non coprirà tutte le spese. Al momento un gruppo di lavoro sta studiando quale sia l’opzione migliore e, a breve, saremo in grado di sciogliere anche questo nodo. Con l’Ausl il dialogo è costante (ndr – in occasione della conferenza stampa di presentazione nessun rappresentante aziendale era presente) e presto incontreremo il nuovo direttore generale. Nel caso in cui optassimo per l’autonomia – prosegue Monari – troveremo dei donatori che ci assicureranno delle entrate annuali, ho già avuto dei contatti in tal senso. D’altronde anche l’Hospice di Albinea si avvale delle donazioni del 5 per mille e delle donazioni dei privati cittadini”.
Ricapitoliamo: i tre fondatori hanno messo sul piatto 950mila euro, di cui 232mila utilizzati per acquistare il terreno (ndr – proprio sotto l’argine del Secchia. Un comparto, quello denominato Fornace di Budrighello e ubicato nel Comune di San Possidonio in località Ponte Pioppa, che la Vas, Verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica datata 07.06.2011 definiva a “elevata pericolosità idraulica”), e il resto? Forse, a ben guardare, l’Hospice San Martino non è poi ancora così reale. Fare i conti senza l’oste, infatti, può essere pericoloso anche se, lo ribadiamo ancora una volta, l’utilità di questo intervento è indiscutibile per assicurare “dignità e pari condizioni di cura a tutti anche nelle fasi più difficili della malattia”, ha ribadito Monari. Un Hospice “territoriale” e dunque non ospedaliero, “inserito in un ambiente rurale, in una posizione baricentrica rispetto a Carpi e Mirandola, accogliente e bello. Un luogo – precisa Monari – dove il malato possa sentirsi a casa, libero di ricevere le visite dei propri cari a qualsiasi ora, dei propri animali e circondarsi delle cose che desidera, che ama, aiutato a superare la paura del dolore, della solitudine della malattia e dell’abbandono”.
“L’edificio – aggiunge l’architetto Antonio Armaroli di CAIREPRO s.c. – si svilupperà su una superficie iniziale di 1.800, fino a un massimo di 2.500 metri quadri, per le funzioni di residenza e di supporto clinico, con spazi meeting e sale per le associazioni. Il tutto è completato da parcheggi, giardini e attrezzature pubbliche. 14 i posti letto previsti. L’architettura sarà a basso impatto con forme contemporanee non impattanti, grande utilizzo della luce naturale e di materiali della tradizione (mattone e cemento) completati con altri innovativi (vetro, acciaio e legno)”.
“Auspico – conclude Daniele Monari – che in 12 /15 mesi sapremo colmare l’attuale gap economico e indire, nell’autunno 2020, una gara per selezionare l’impresa che, verosimilmente, potrebbe iniziare i lavori dell’Hospice nella primavera 2021”.
Più che alla sostenibilità del progetto si ha come la sensazione che l’attenzione si concentri su dettagli come la ricerca del “bello”, “il sollievo spirituale”. Elementi imprescindibili, certo, ma che devono fare i conti con la realtà: in cassa mancano ancora oltre 3 milioni di euro. Di certo e concreto non vi è nulla, eccezion fatta per un terreno sotto l’argine del Secchia. Location che poco piaceva anche al sindaco Alberto Bellelli (per anni grande sostenitore dell’area del Cantinone a Cortile) ma sulla quale ora ha evidentemente deciso di chiudere un occhio. In campagna elettorale, si sa, spesso funziona così.
Jessica Bianchi