Un tarlo che non concede tregua 

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Un picchio, appollaiato sulla spalla, che batte il becco sulle tempie. Costantemente. Giorno dopo giorno, ora dopo ora. Senza tregua. Così una ragazza affetta da un disturbo del comportamento alimentare ha definito la sua situazione: una metafora che identifica anche il rapporto di Martina, studentessa 21enne, con la sua anoressia nervosa, patologia con la quale convive, con esiti alterni, dal 2016. Un pensiero costante, quello rivolto al cibo e al peso, che inizia appena si aprono gli occhi la mattina per continuare, senza sosta, fino alla sera. Un tarlo che non concede tregua e che logora, impedisce di concentrarsi e genera ansia. “Mi sono vergognata per molto tempo, non ne parlavo con nessuno, anche quando la faccenda era diventata evidente. Se sono qui è grazie alla mia migliore amica, che si chiama come me, e mi ha chiesto di parlarne per la prima volta in uno dei simposi che organizza, essendo entrambe studentesse di Filosofia all’Università di Bologna. Poter raccontare il mio vissuto senza sentirmi giudicata mi ha fatto molto bene”.

Con lucidità e coraggio Martina ha quindi deciso di metterci la faccia, raccontando, anche in Auditorium Loria, la sua personale esperienza e rispondendo alle domande, per poter fornire un punto di vista utile sia a quanti hanno a che fare, direttamente o meno, con il suo problema, sia per sensibilizzare su un tema “troppo spesso sottovalutato e banalizzato, facendo soffrire davvero tanto chi ne è succube”. La strada per tornare a una vita normale è in salita, per chi soffre di anoressia, a partire dalla consapevolezza: “ho iniziato a utilizzare il termine anoressia per definire la mia condizione non più di un mese fa e il pensiero di prendere peso mi disturba. Il percorso che ho davanti è ancora lungo”. L’attenzione sempre crescente al cibo e al proprio peso inizia, per Martina, nell’estate dopo la maturità, probabilmente anche a causa, sostiene, di alcuni grandi cambiamenti nella sua vita: “non ero soddisfatta del voto di uscita e due mie care amiche si sono trasferite molto lontano. Per di più, inizialmente, le lezioni in università mi facevano sorgere dubbi sulla bontà della scelta del mio percorso di studi”. Martina ricorda persino il giorno, l’8 luglio, quando decise di controllare e limitare gli alimenti che ingeriva, iniziando ad annotare su un quaderno tutte le calorie, oltre a una scaletta precisa di esercizio fisico, ritrovandosi a correre alle 13 sotto il sole estivo o in pieno inverno con la neve. “Pensavo che tutti esagerassero quando mi dicevano che stavo dimagrendo troppo, perché uscivo per strada e vedevo ragazze più magre di me. Per di più inizialmente mi sentivo molto forte, vivevo quasi una specie di esaltazione. Vi assicuro però che non c’era una motivazione frivola dietro alla mia decisione di continuare a perdere peso.

Non mi sono certo messa a saltare i pasti o a fare continuamente esercizio fisico perché volevo fare la modella. Cercavo, senza rendermene conto, di segnalare con il corpo un disagio che a parole non avevo il coraggio di esprimere”. Una condizione particolare, che ha portato Martina al primo ricovero, durato quattro mesi, nel gennaio 2017. Una volta tornata a casa, si scontra con le reazioni più diverse: “c’è chi mi ha accusato fosse una messa in scena e chi addirittura che ero ingrassata mentre prima, quando pesavo 37 chili, stavo bene”. A quel punto la decisione di riprendere canto e danza, le sue due grandi passioni. Dopo qualche mese, però, Martina è tornata al punto di partenza, senza quasi rendersene conto. Ora, a distanza di tempo, continua il suo percorso, con fatica ma con la volontà di farcela. E ricordando a tutti che, nei confronti di chi soffre di anoressia, occorre avere particolare cura.

“Non bisognerebbe mai far sentire sbagliato chi ha questa problematica. Nei momenti peggiori, avrei voluto una vicinanza silenziosa, piccoli gesti e attenzioni, sempre molto dosate nel tempo, piuttosto che frasi preoccupate dettate dalla paura per la mia salute o considerazioni su come
fossi diventata magra, quando c’erano giornate in cui addirittura pensavo di essere così grassa da non riuscire a passare attraverso la porta. Un abbraccio ogni tanto e la voglia di relazionarsi a me come persona e non come una malattia. Perché le due cose non coincidono affatto”.

 

 

Marcello Marchesini

 

 

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