Sono 1.636 le persone affette da demenza registrate nel 2017 tra Carpi, Novi, Soliera e Campogalliano. Numeri importanti, intrecciati a doppio filo col progressivo e inarrestabile invecchiamento della popolazione, e destinati a crescere “del 10 – 15% all’anno”, spiega il dottor Andrea Fabbo, medico geriatra nonché direttore dell’Unità operativa complessa Disturbi cognitivi e Demenze dell’Ausl di Modena. “Nella nostra provincia sono circa 11.500 i casi di demenza (la prevalenza è di circa il 20 per mille abitanti): l’8% della popolazione over 65 è colpita e il tasso aumenta col crescere dell’età. Più si invecchia maggiore è la possibilità di sviluppare una forma di demenza”.
Quali sono i primi sintomi?
“Il termine demenza descrive un insieme di sintomi generici: perdita di memoria, confusione, variazioni del tono dell’umore e del comportamento. Queste ultime possono essere di entità variabile e sono caratteristiche non solo della Sindrome di Alzheimer (che rappresenta la forma di demenza più diffusa), ma anche della demenza frontotemporale, della demenza a corpi di Lewy e della demenza vascolare. Le forme meno frequenti, proprio a causa del loro esordio atipico, alle volte possono essere confuse con patologie di carattere psichiatrico e ciò può comportare un ritardo nella diagnosi”.
Quali sono le cause?
“Esistono circa un centinaio di demenze molto eterogenee tra loro, le cui cause sono però sostanzialmente di tre tipi: la demenza vascolare è dovuta alla riduzione dell’afflusso di sangue al cervello, responsabile della morte cellulare, in seguito ad esempio a un ictus. Nelle altre, come nel caso dell’Alzheimer, malattia neurologica degenerativa, i neuroni muoiono più rapidamente del normale, determinando una progressiva perdita di tessuto cerebrale. Altre cause possono invece essere di tipo traumatico. Il danno, poi, va di pari passo con l’accumulo di proteine anomale, diverse in ogni tipo di patologia neurodegenerativa”.
La ricerca sta facendo passi avanti?
“La ricerca sta facendo importanti passi avanti. Studi recenti, ad esempio, indicano come, agendo nelle fasi iniziali di declino della memoria, alcuni farmaci, ancora in via di sperimentazione, possono rallentare la progressione verso la demenza conclamata, poiché si sono dimostrati efficaci nell’intercettare il meccanismo di degenerazione del cervello, ovvero l’accumulo di una proteina, chiamata beta-amiloide, che distrugge le cellule nervose e i loro collegamenti. Un altro fronte sui cui i ricercatori si stanno concentrando è quello vaccinale: secondo gli scienziati, il vaccino potrebbe consentire al sistema immunitario di rilasciare anticorpi in grado di legarsi alle proteine cattive, per poi trascinarle lontano dal cervello. Un meccanismo che però si rivelerebbe efficace solo negli stadi iniziali della malattia, in un momento in cui è ancora possibile invertirne lo sviluppo. Un modo per immunizzare i pazienti prima che insorga la patologia”.
Il neurochirurgo Arnaldo Benini nel suo libro La mente fragile, spiega come il pericolo di sviluppare una demenza sia reale ma che non tutti lo corrono e che qualcosa si può fare sul fronte della prevenzione. A cosa si riferisce?
“La demenza è inguaribile ma non è incurabile: può essere rallentata per migliorare la qualità di vita del paziente e della sua famiglia. La prevenzione gioca un ruolo importante. I casi aumenteranno perché il mondo invecchia, pertanto è necessario lavorare sulle fasce giovanili, insistendo sull’importanza di adottare corretti stili di vita: da un’alimentazione sana a un’attività fisica regolare, alla socializzazione. Nei vari servizi dedicati ai Disturbi Cognitivi e alle Demenze abbiamo già notato che in alcuni anziani sottoposti a interventi di gruppo, dalla ginnastica all’allenamento cognitivo, la progressione della malattia rallenta”.
A fronte del progressivo invecchiamento della popolazione, è giusto affermare che le demenze saranno la vera “epidemia” del prossimo futuro?
“L’epidemia è già in atto. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse, Care Needed: Improving the Lives of People with Dementia, tra 30 anni i malati nel mondo raddoppieranno: nel 2017 si contavano circa 19 milioni di persone con demenza ma, secondo le stime, questi potrebbero arrivare a 41 milioni nel 2050 con costi socio – economici enormi”.
Siamo attrezzati per far fronte a un carico di pazienti cronici tanto esteso?
“Direi abbastanza attrezzati: la provincia di Modena può vantare un rete di servizi tra le più sviluppate a livello nazionale”.
Cosa fanno le istituzioni per tentare di alleggerire il carico dei care givers, ovvero di coloro che si prendono cura dei malati?
“Quando un Centro di Disturbi cognitivi e Demenze (uno è stato istituto anche all’interno della zona dei Poliambulatori dell’Ospedale di Carpi) prende in carico un paziente, oltre a lui assiste anche il suo care giver offrendogli il supporto di uno psicologo e mettendolo in contatto con le varie associazioni presenti sul territorio operanti nell’ambito, come Gafa nel caso di Carpi. La nostra forza è aver costruito un sistema a rete, nel quale Ausl, Servizi Sociali, medici di Medicina generale e tessuto associativo lavorano uniti, in modo sinergico. Non dimentichiamo poi che, per sollevare temporaneamente dal peso della cura le famiglie dei malati, esistono Centri Diurni specialistici e strutture residenziali per anziani con all’interno nuclei specializzati per il trattamento delle demenze (composti da un’equipe di esperti: dal geriatra allo psicologo, dai terapisti della riabilitazione psichiatrica e occupazionali a operatori socio-sanitari e infermieri opportunamente formati), senza dimenticare l’assistenza domiciliare. Nei Centri di Disturbi cognitivi e Demenze, compreso quello di Carpi, poi, non ci limitiamo a somministrare terapie farmacologiche ma, per migliorare e rallentare la malattia, mettiamo in campo anche interventi di tipo psicosociale. All’interno dei cosiddetti Club cognitivi, infatti, le persone con demenza lieve-moderata fanno numerose attività: dalla stimolazione cognitiva alla terapia occupazionale, dalla pratica musicale alla ginnastica… azioni terapeutiche che aiutano i pazienti a stare meglio e a sostenere le famiglie. A Carpi poi c’è anche un Centro di secondo livello, in capo al Reparto di Neurologia dell’Ospedale Ramazzini, per i casi più complessi e le demenze giovanili”.
Le demenze possono essere alleviate da misure palliative che, non sono cure, ma aiutano gli ammalati a vivere meglio e a utilizzare il più a lungo possibile le capacità mentali e fisiche residue. Come si sta confrontando l’Ausl di Modena col tema delle cure palliative nelle demenze terminali?
“L’azienda è già impegnata attivamente nell’offerta delle cure palliative (grazie al coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale e degli infermieri domiciliari) ma dovrà essere fatto un passo avanti nella gestione delle demenze molto avanzate per garantire le cure necessarie ai malati e per sostenere le famiglie”.
In una città sempre più vecchia, la strada da fare è ancora lunga: quella delle demenze rappresenta la vera emergenza del nostro tempo, su cui occorre continuare a lavorare per non farsi trovare impreparati.
Jessica Bianchi