Mentre il dibattito sul futuro ospedale impazza, dalle stanze dei bottoni ai social, un progetto, peraltro tutt’altro che trascurabile, è già stato scritto. Nero su bianco. A idearlo è stato il Politecnico di Milano ed è possibile averne un assaggio grazie al plastico esposto a Palazzo Pio, nell’ambito della mostra (IN)Tessere legami territoriali – Strategie e prefigurazioni per un piano d'Unione, nata per presentare gli esiti della ricerca che l’Unione delle Terre d’Argine ha commissionato al Politecnico al fine di formulare alcune proposte strategiche in vista di una futuribile e innovativa pianificazione territoriale a scala sovracomunale. Tra le varie suggestioni offerte dagli accademici vi è anche quella relativa a un nuovo nosocomio: un concept, quello formulato, che sfugge a ogni strumentalizzazione politica, e punta dritto al buon senso, introducendo il concetto fondamentale di “sistema”.
“Gli esempi recenti di costruzione di sistemi ospedalieri – si legge nello studio – testimoniamo come, accanto alle porzioni specializzate al servizio della cura, si assista a un proliferare di altre attività (commerciali, d’incontro, di supporto) che troverebbero in un’utenza allargata, cittadina, di quartiere, nuova linfa vitale. Nell’ottica futuribile, della costruzione di un polo ospedaliero a scala territoriale, si propone quindi di non spostarlo fuori dalla città ma di ricostruirlo, densificandolo a Nord dell’area, verso via Faloppa, perseguendo così vari obiettivi: la via diventerebbe testa del sistema dei quartieri a villette, molto omologanti, posti a nord, e sfrutterebbe in tal modo la realizzazione al piano della città (piano terra) di quelle attività commerciali a uso dei parenti dei pazienti e dell’intero quartiere e di attraversamenti che li legherebbero non solo al parco antistante ma anche ai quartieri posti a sud; la costruzione di un nuovo parco che, in continuità con il centro storico e adiacente al Parco delle Rimembranze diventi un connettore verde verso il parco periurbano posto a ovest…”. Indubbiamente la ricostruzione del sistema ospedaliero nello stesso luogo comporterebbe “l’onere di individuare in maniera meticolosa le fasi di costruzione e demolizione per parti del polo esistente in modo che rimanga sempre utilizzabile”. Un processo complesso e oneroso, ammettono gli autori del progetto, ma incarnerebbe totalmente “lo spirito della nuova legge urbanistica che impone progetti rigenerativi e di trasformazione interna anziché nuovo consumo di suolo e una diminuzione del traffico veicolare”. Il rinnovato sistema ospedaliero, infatti, sarebbe collegato, in una auspicabile Carpi del futuro, al territorio vasto attraverso il sistema ferroviario – metropolitano, il trasporto pubblico e percorsi dolci protetti ma, il ripensamento generale ipotizzato dal Politecnico su viabilità e ciclabilità è un’altra storia e la racconteremo poi. Un progetto, questo, su cui ragionare seriamente poiché, nonostante le complessità intrinseche, presenta numerosi punti di forza, tra cui un consumo pressoché pari a zero di territorio. Inserito all’interno di un’area fortemente antropizzata, la nuova struttura dovrebbe essere anche completamente ripensata nei contenuti per ottimizzare così gli spazi, a partire dalla creazione di un Pronto Soccorso finalmente adeguato (nel dimensionamento dei locali e nel numero dei professionisti), efficiente e in grado di rispondere alle emergenze. E se non è più sostenibile pensare di avere sotto casa tutte le specialistiche o reparti in cui vengono parcheggiati i cronici, allora occorrerà ribaltare il paradigma, compiendo delle scelte oculate e lungimiranti puntando su poche unità operative ma di eccellenza. Per il resto, che piaccia o no, c’è Baggiovara. E i soldini risparmiati in muri potranno essere così impiegati per rafforzare le cure e l’assistenza domiciliari, vero nervo scoperto per una comunità che continua a invecchiare.
Jessica Bianchi