Mentre si consuma a livello nazionale lo scontro al vetriolo tra Salvini e Di Maio sugli inceneritori e gli italiani cercano di capire se si tratti dell’ennesimo sgambetto che il leader della Lega rifila ai pentastellati o di una guerra ideologica fatta tutta di parole senza uno straccio di strategia industriale alle spalle, in Campania il sistema rischia il collasso. Dall’alto della nostra regione guardiamo al Sud e scuotiamo la testa alla vista dell’immondizia ovunque e dei roghi per bruciarla. Nonostante le proteste, le resistenze e le polemiche, il Piano regionale per la gestione dei rifiuti (approvato nel 2016) va avanti per determinare la svolta verde dell’Emilia Romagna entro il 2020: discariche praticamente azzerate, con il conferimento di rifiuti negli impianti ridotto al 5% (-80% rispetto al 2011), progressivo spegnimento degli inceneritori, riciclo di carta, legno, vetro, plastica portato al 70%, la raccolta differenziata al 73% e la produzione pro-capite di rifiuti ridotta del 20-25%.
A che punto siamo? Si può fare meglio: gli impianti dell’Emilia-Romagna si troveranno a smaltire più rifiuti dell’anno scorso tanto che la Giunta Bonaccini ha messo mano alla gestione dei flussi di immondizia. In ogni caso, assicura la Regione, “restano sostanzialmente invariate le autorizzazioni per gli inceneritori. In nessun impianto saranno trattati più rifiuti del previsto. Solo il termovalorizzatore di Parma sarà chiamato a gestire circa 34.000 tonnellate aggiuntive rispetto alle 130.000 già concordate”. In poche parole la produzione reale di rifiuti differisce da quella prevista nel piano regionale: a due anni dalla sua adozione produciamo meno rifiuti urbani ma nonostante i passi avanti siamo lontani dagli obiettivi. Lo scarto tra la realtà e la produzione di immondizia preventivata ammonta a 160.000 tonnellate in più sui rifiuti urbani e a 132.000 tonnellate per gli indifferenziati. In mezzo la Regione, che prova a fare buon viso a cattivo gioco e a guardare il lato buono della medaglia. Ovvero l’aumento della raccolta differenziata, anche se gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2017.
Il passaggio alla tariffa puntuale viene considerato indispensabile per accrescere le percentuali di raccolta differenziata e, contestualmente, ridurre la produzione complessiva di rifiuti ma l’adozione del porta a porta è a macchia di leopardo in regione. Ci sono territori virtuosi e altri meno: mentre nel bacino di Aimag il sistema è già in vigore da anni, la vicina Modena dove il servizio di raccolta rifiuti è gestito da Hera è in netto ritardo così come tante altre città.
Per non parlare della raccolta differenziata che ha percentuali ormai superiori all’80% da Carpi a Camposanto.
Le autorizzazioni restano sostanzialmente invariate ma, il mancato rispetto dei numeri del Piano regionale comporta una quota di rifiuti da smaltire e, in base alla tabella, nella discarica di Carpi finiranno 6.901 tonnellate di urbani e 61.637 di speciali. Sono comunque rifiuti emiliano-romagnoli, quelli di Roma e della Campania non li vogliamo.
Sara Gelli