Il barman che ha portato un tocco di carpigianità nei cocktail parigini

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Il mestiere di barman e l’attitudine cosmopolita vanno a braccetto, un po’ perché chi lavora in bar e locali è spesso alla ricerca di nuovi stimoli ed esperienze, e un po’ perché miscelare fra loro gli ingredienti per ottenere qualcosa di nuovo e speciale è una perfetta metafora della commistione di culture diverse in grado di ampliare gli orizzonti e arricchire il presente. Tra coloro che cavalcano questa tendenza vi è il promettente bartender carpigiano Roberto Rossi, classe 1989: ha portato un po’ dello stile carpigiano dietro il bancone di uno dei locali più frequentati di Parigi, il Danico.
Roberto, la storia di un barman è fatta di molti locali, ma soprattuto di esperienze. Qual è stato il percorso che ti ha condotto a Parigi?
“La mia passione per i cocktail nasce circa dieci anni fa quando, dopo essermi ritirato dal liceo, trovai lavoro al Bar Roma di Carpi. Lì cominciai ad appassionarmi per la prima volta all’arte del bere miscelato, osservando i miei titolari che mixavano diverse tipologie di ingredienti sino a ottenere dei drink che facevano esultare le papille gustative dei clienti e anche le mie. Dopo quel primo approccio decisi di frequentare un primo corso di miscelazione nel 2009 al Bar Dorando. Fu un’esperienza interessante che oltre a fornirmi le basi del mestiere mi fece capire quanto fosse ampio e complesso il mondo dei cocktail, sia a livello di storia che di ricette. Poi nel 2013 ebbi l’occasione di entrare in società in un altro noto bar del centro, il Cookies, dove  iniziai a concepire il bar anche dal punto di visto gestionale, ma a 24 anni sentivo che era troppo presto per fermarmi e quindi decisi di partire. Ho lavorato prima come dipendente a Milano al Mag e al 1930, poi a Formentera al Can Carlos e al Can Carlitos, sino ad arrivare alla svolta di Parigi: una meta che mi aveva sempre affascinato per il suo perfetto connubio tra antichità e modernità, e dove ho potuto in effetti sperimentare un nuovo modo di fare bartending. Attualmente lavoro al Danico, un cocktail bar serale/notturno gestito dal celebre Nico de Soto, titolare anche del Mace di New York, situato all’interno di un ristorante alla moda e molto conosciuto”.
Come è la tua vita a Parigi?
“E’ decisamente piacevole anche se inizialmente ambientarsi non è stato facile. Innanzitutto, vivere a Parigi è parecchio costoso e poi, spesso, è difficile trovare una sistemazione adeguata, anche se io personalmente posso ritenermi fortunato, dal momento che, grazie ad alcuni amici, ho trovato un piccolo appartamento al terzo piano di un palazzo in una via chiusa al traffico vicino a Place de la Bastille dove vivo da solo, immerso in un pot-pourri di culture e sensazioni”.
Cosa hai portato del tuo retroterra carpigiano?
“L’ospitalità e la cordialità. La cura e l’attenzione ai dettagli che sono caratteristiche tipiche dei barman non solo carpigiani ma, più in generale, italiani e che all’estero sono molto apprezzate. Così come l’esperienza italiana verso gusti leggermente più liquorosi e amari che sta prendendo piede anche tra i francesi, solitamente abituati a sapori più leggeri e floreali, in linea con la loro passione per i vini frizzanti. Qui al Danico ci impegniamo a creare drink particolari dai sentori originali e con nomi curiosi. Per esempio sono appena stati inseriti nel menù due cocktail che ho ideato io: uno si chiama Kung Fu Pandan a base della foglia thailandese di pandano che riprende il quinto gusto umami, l’altro I scream, you scream, we all scream for an ice – cream cremoso come il gelato e dal tocco speziato”.
Qual è il cocktail che ti rappresenta maggiormente?
“Un cocktail che mi piace molto bere e creare e che mi rappresenta più degli altri è il Manhattan ma alla mia maniera, quindi reverse con più vermouth che whisky, per un effetto dolce-amaro, piacevole e morbido da bere, ma con una struttura ben definita”.
Il tuo futuro dove sarà?
“La mia idea è di tornare in Italia prima o poi. Il mio futuro lo immagino a Milano sia per questioni di cuore che di lavoro. Al momento mi sembra la città più idonea ai miei progetti. Vorrei aprire un locale dal design moderno e con un approccio contemporaneo alla lavorazione degli ingredienti. Una fusione tra le mie esperienze passate di Milano, Formentera e Parigi, senza ovviamente dimenticare un riferimento alla mia città da dove tutto è iniziato”.
Chiara Sorrentino

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