La storia di Rosetta

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E’ un sorriso largo e generoso quello che si apre sul volto di Rosetta Pierri ma basta la parola ricostruzione per adombrarle il viso. Del futuro della sua casa a Sant’Antonio in Mercadello, Rosetta non sa ancora nulla. “A sei anni di distanza dal terremoto del 2012 – racconta – non è cambiata una sola virgola. Il nostro paese, un tempo così vitale e coeso, oggi è un luogo dimenticato da Dio. Siamo stati completamente abbandonati”. Un amore, quello verso la piccola frazione di Novi di Modena, che ha impedito alla coppia di andarsene come invece hanno fatto altri: “mio marito è nato e cresciuto nella piazza del paese in una delle sue case più antiche e, da quando ci siamo sposati, ovvero 41 anni fa, io ho sempre vissuto tra quelle mura. Per noi era impensabile l’idea di abbandonare Sant’Antonio. Allontanarsi sarebbe stato un peso insopportabile”. Quella casa tanto amata però non ha retto alla violenza delle scosse: “dopo cinque mesi in roulotte dentro al campo tende allestito in paese dove, insieme a un altro paio di coppie, cucinavamo per tutti gli ospiti, abbiamo deciso di trasferirci in affitto, col nostro gatto, in un appartamento a due passi dalla nostra abitazione. Pensavamo che in un paio di anni tutto sarebbe tornato alla normalità e invece…”. Per Rosetta e il marito – che percepiscono 600 euro di contributo per il canone di locazione a fronte di un affitto di 700 – la farraginosa macchina legata alla ricostruzione si è trasformata in un vero incubo: “ci siamo incagliati nelle maglie della burocrazia. E’ davvero una situazione vergognosa”. Molte famiglie vivono la medesima condizione di incertezza: “in Paese i cantieri aperti si contano sulle dita di una mano, il centro storico è desolato. Tutto è esattamente uguale al maggio 2012, come se il tempo si fosse fermato. Non sapere cosa succederà né quale sarà la sorte della tua unica casa ti logora. La nostra abitazione è stretta tra altre due e questo complica le cose. I tecnici non si parlano tra loro, non si accordano e il Comune, pur avendo dato il via libera alla demolizione di una parte della struttura, obbliga noi a ristrutturare. Non vi è nulla di chiaro e nel frattempo i tempi si dilatano. Temo che il rientro a casa sia ancora molto lontano”, scuote amaramente la testa Rosetta. L’appello di Rosetta a tecnici e istituzioni non lascia spazio a dubbi: “trovate una quadra e datevi una mossa. Sono stanca di ascoltare parole, la pazienza a un certo punto inizia a venir meno. Ora servono fatti. Ho sessant’anni, ho sempre combattuto nella mia vita e fatto tanto volontariato, ma oggi sono stanca di questa lotta continua. Il nostro paese è allo sbando. Lasciato solo a se stesso. Questo maledetto terremoto ha mandato tutto in malora e chi se ne è andato, non tornerà… Il tempo è tiranno  – conclude Rosetta – noi non abbiamo più vent’anni e l’unico desiderio che abbiamo è quello di fare ritorno nella nostra casa”.

Jessica Bianchi

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