Repetita iuvant?

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L’ispezione dei Nas non ha rilevato nulla di più di quello che chiunque potrebbe osservare recandosi all’interno dell’ospedale di Carpi. L’Ausl ha subito minimizzato assicurando che piccole manutenzioni periodiche erano già programmate, proprio per l’inizio di giugno, e si riferiscono “a minime tracce di umidità, sbrecciature negli stipiti causate dal passaggio di barelle e mancanza di alcune piastrelle”.

Il polverone che ha fatto seguito alla notizia non si giustifica se non inquadrato nel più generale scenario delle scelte politiche che hanno segnato la sanità modenese. E’ stato più volte ribadito su queste pagine che le criticità strutturali del Ramazzini ne limitano la fruibilità con percorsi non certamente agevoli per i pazienti e il personale ospedaliero, impediscono di individuare spazi per aree da dedicare alle nuove tecnologie diagnostiche e terapeutiche, impongono ulteriori interventi sull’antisismica con inevitabili disagi. Insomma, una struttura costruita per padiglioni in fasi successive a partire dal 1922 limita fortemente le possibilità di un’evoluzione coerente rispetto a bisogni sanitari che cambiano e tecnologie che progrediscono.

Alla luce di queste considerazioni, occorre valutare se sia più vantaggiosa la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera in grado di rispondere alle esigenze organizzative e funzionali della moderna sanità rispetto ai costi dell’ammodernamento dell’esistente. Il caso di Cesena (96mila abitanti) è il riferimento più recente. Qui la Regione Emilia Romagna nel gennaio scorso ha dato il via libera al nuovo ospedale piuttosto che procedere con continui interventi su quello esistente: costerà 156 milioni e sarà pronto tra 5-8 anni.

E Carpi? Mentre ancora stavamo pagando la scelta non certo lungimirante di costruire a Modena il nuovo ospedale di Baggiovara, nel 2012 il terremoto ha dato l’occasione, pur nella sciagura, di ripensare a un unico ospedale per Carpi e per la Bassa modenese. In alternativa, osando scavalcare i confini di due diverse province, si sarebbe persino potuto pensare a un polo ospedaliero per Carpi e Correggio.

Evidentemente hanno prevalso i campanilismi e la maggior parte dei fondi post terremoto è stata destinata al Policlinico di Modena. E’ davvero un paradosso avere in casa un’azienda come CMB, leader nel settore delle costruzioni ospedaliere in tutto il mondo e restare, ancora una volta, a bocca asciutta. Il silenzio generale ha fatto seguito a queste parole nel febbraio scorso.

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