La morte irrompe nella vita con violenza. Quando meno te lo aspetti. E mentre batti il ritmo al suono di una pizzica travolgente e rimiri i “rivoli di sudore figli del ritmo e dello scirocco” di una giovane danzatrice, capita che la morte si abbatta proprio lì, vicina. Rumorosa e inattesa guastafeste. Si apre così il nuovo romanzo del carpigiano Marco Lugli, Ego me Absolvo. Rapito dalla bellezza del Salento, dove ha aperto il B&B Capperi insieme alla compagna Valentina, Marco gli dà voce. In ogni pagina emerge con forza il suono di questa terra brulla, bellissima e piena di contraddizioni. “Più che fuori, è bello di dentro”. Sulrano – 2015: “M’ha pizzicatu”, sberciò la vecchia con voce roca prima di crollare al suolo. Con la lingua di fuori. La fine della signora Concetta Salerno, una “vecchia tarantata”, dà il via a un nuovo, appassionante caso del commissario leccese Luigi Gelsomino, già protagonista del precedente romanzo di Marco Lugli, Nel tuo sangue. E’ davvero possibile che a Sulrano, nel cuore della Grecìa Salentina, si possa ancora morire per il morso della taranta? O in “un paese dove non succede mai qualcosa di strano” si aggira indisturbato un assassino? Perché il veleno del ragno, una proteina neurotossica, colpisce puntualmente nel corso delle celebrazioni che si concludono con la festa di piazza di San Paolo? “Che il morso torna commissario. Il morso torna sempre”. Il ritmo è incalzante. La scrittura matura, asciutta, scorrevole. Priva di sbavature. Marco, con sapienza, ci catapulta in un Sud fatto di tradizioni ataviche, superstizioni e omertà. E lo fa con leggerezza, ricorrendo a numerose espressioni dialettali che colorano i dialoghi, mai banali. E poi ci sono gli odori, quello “acre dei tufi bagnati, quello dolciastro dell’argilla pregna di un’umidità secolare, il tanfo dei miriapodi in fuga” che ci fanno toccare e annusare il paesaggio.
A condire il tutto la vena squisitamente ironica del commissario Gelsomino e i suoi soliloqui con Loredana, la moglie. “Lei va dallo strizzacervelli?”. “Me lo ha ordinato mia moglie”. “Ma sua moglie non era morta?”. “Appunto”.
Esilaranti i commenti del poliziotto, tanto caustico quanto romantico, durante le sedute psicologiche di gruppo: “Sono qui perché ho una dipendenza dalle opinioni di mia moglie. Le telefono continuamente per avere il suo consiglio… Il che non sarebbe un problema se non fosse che è morta da sei anni e che, nonostante io pensi che mi risponda, è piuttosto inverosimile che lo faccia davvero”.
Come nel precedente Nel tuo sangue, anche in questo nuovo romanzo l’autore ama fondere diversi piani temporali. Passato e presente si compenetrano. Storie diverse si intrecciano, si confondono. Ed ecco sfilare una colorata galleria di personaggi: ci sono Lucia, ancora innamorata di un uomo, Antonio, che l’ha abbandonata per volare in America per poi ricomparire, ma sposata con Donato, il “violinista delle tarantate”. E poi c’è Daniele, il figlio… pizzicato pure lui, perduto e poi ritrovato… E, ancora, protagonisti nati dalla fantasiosa penna di Marco Lugli che tornano per “aiutare” il commissario in questa nuova avventura noir. Ha davvero senso la pista della Lobby della Taranta? Chi è in grado di sintetizzare il veleno? Sin dove è disposto a spingersi il commissario per svelare il mistero e giungere finalmente alla verità? Quale sarà il prezzo? Amori, dubbi, rimpianti… il mix è esplosivo. In un paese in cui nessuno è davvero innocente, l’autore si – e ci – interroga su cosa siano colpe e responsabilità.
Jessica Bianchi