“Noi ci sentiamo abbandonati”

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Lo ripetono da anni, ma ora, dopo le scosse devastanti che hanno messo in ginocchio il centro Italia, lo ribadiscono. Sono i terremotati della Bassa che, dinanzi alle promesse delle autorità nazionali e regionali, proprio non ce la fanno a restare in silenzio: “quando sentiamo queste affermazioni, le medesime dette a noi quattro anni fa, ci prende un senso di angoscia e di rabbia. Temiamo infatti che le popolazioni colpite di Marche e Lazio debbano subire le nostre stesse delusioni”. Scuotono la testa Sandro Romagnoli e Aureliano Mascioli del Comitato Sisma 12: “come si fa a parlare di un modello Emilia da esportare quando i centri storici di Mirandola, Concordia, S. Felice e Finale sono ancora chiusi? Quando  a Rovereto, Novi, San Possidonio e Cavezzo ci sono ancora macerie, case puntellate e inagibili, con un centinaio di famiglie dentro ai container? Sono oltre novemila gli sfollati che vivono in affitto, hanno trovato ospitalità presso amici e parenti o vivono in roulotte… E, ancora, il Duomo di Mirandola e quello di Carpi, oltre a una cinquantina di chiese dei comuni della Bassa, sono inagibili. A Concordia, contrariamente a quanto dichiarato solennemente – e cioè che non si sarebbero create delle new town all’esterno dei centri abitati – hanno costruito lo stabile del nuovo Comune e la nuova chiesa parrocchiale, con annesse strutture  edilizie, negozi, centro commerciale e tante abitazioni, tali da creare di fatto un nuovo paese là, dove prima c’era campagna. E nel frattempo metà cimitero è ancora oggi off limits ai famigliari  dei defunti”. Numerosi anche gli imprenditori che hanno lamentato le carenze e i ritardi nella ricostruzione con il fermo delle pratiche a causa delle pastoie burocratiche.
“La nostra azienda – sottolinea Iorio Grulli, titolare di Passamaneria a Rovereto – è crollata nel 2012 e sono andati distrutti i macchinari, ma la Regione ha risposto picche alle nostre richieste di aiuto perché le macchine sono state acquistate in passato, quando non esistevano ancora il libro dei cespiti e le altre documentazioni vigenti oggi. Insomma, oltre al terremoto, ci è caduta addosso anche una burocrazia miope: a pagarne le conseguenze vi sono tante aziende che avevano – e hanno – voglia di lavorare e di investire. Una vera delusione”. A Mirandola a protestare sono stati anche i titolari della ditta Astarte, produttrice di gioielli ecologici e sostenuta da Rete Imprese Italia: “le ditte sono al collasso perchè l’ordinanza regionale numero 57 sui criteri e modalità di riscossione dei contributi secondo il modello Sfinge, si rivela un disastro burocratico. Dopo quattro anni siamo ancora  in attesa dei contributi promessi ma, nel frattempo, le banche negano i fidi”. Il titolare  Nando Costa Zaccarelli si è rivolto speranzoso anche ai parlamentari modenesi affinché intervengano in favore delle imprese danneggiate in attesa degli aiuti promessi perché dopo tanto tempo di sforzi e investimenti con denari personali, i ritardi li stanno mettendo in ginocchio e come loro tanti artigiani della Bassa.  
Sul patrimonio storico-religioso danneggiato e inagibile, ha preso posizione, a nome della comunità cattolica, il dottor Andrea Smerieri che ha chiesto al premier Matteo Renzi di “ricordarsi anche delle 50 chiese danneggiate e chiuse al culto, tra cui la chiesa di San Francesco di Mirandola, oltre a quella di Carpi, dedicate al Santo patrono d’Italia. Se Renzi – aggiunge Smerieri – chiede i fondi all’Unione Europea per la ricostruzione della Chiesa di San Benedetto di Norcia, deve farlo anche per le nostre”.
Cesare Pradella