Un libro per l’infanzia che dovrebbe essere letto dai bambini ai genitori per raccontare attraverso i loro occhi e la loro sensibilità chi sono i rifugiati e quali situazioni sono costretti a vivere, a partire dalla dolorosa decisione di lasciare i loro Paesi in guerra. E’ l’idea dello scrittore spagnolo Josè Campanari che, nel suo ultimo lavoro, Trenfugiati, lascia la parola a un gruppo di bambini che si scambiano impressioni e riflessioni sui messaggi che giungono loro dalla televisione e dalla scuola riguardo ai rifugiati. Autrice della parte grafica è invece la carpigiana Evelyn Daviddi, classe 1973, diplomata in Illustrazione e Animazione Multimediale presso l’istituto lED di Milano. Ha pubblicato i suoi lavori in Italia, Francia, Spagna, Croazia, Cina e Stati Uniti, vincendo diversi premi e riconoscimenti tra cui il Pitch me Italia Cartoons on the per l’ ideazione e la realizzazione del cartoon Oliva 3mondi prodotto da Rai Trade.
Come nasce l’idea di Trenfugiati e la tua collaborazione con lo scrittore spagnolo José Campanari?
“Prima della collaborazione con Campanari è nata quella con la casa editrice di questo libro, La Fragatina, una giovane e dinamica realtà editoriale spagnola che mi contattò per la prima volta circa due anni fa dicendomi di trovare interessanti i miei disegni e il mio stile, e di voler collaborare con me per la realizzazione di un libro illustrato. Dopo qualche tempo mi è stato proposto il progetto di Trenfugiati (Trenfugiados nel titolo originale). Mi è bastato leggere una volta il testo per accettare. Mentre lo leggevo vedevo scorrere nella mia testa le vicende narrate e i suoi protagonisti con cui sono entrata in sintonia Sin da subito. Non conosco personalmente José Campanari ma conosco i suoi testi, ed è stato un piacere aver avuto l’opportunità di illustrare un suo libro”.
Qual è la trama del libro e cosa ti ha colpito di più?
“Il titolo è il motore stesso della storia. Un gruppo di bambini che passa il fine settimana a casa della nonna: i bimbi parlano tra loro di ciò che hanno appreso a scuola e dalle televisione sui rifugiati storpiando questo termine così serio e difficile in trenfugiati. Con parole semplici e delicate forniscono al lettore una spiegazione spontanea della drammatica quanto attuale questione dei migranti, come solo i bambini sanno cogliere, con senso di condivisione e immedesimazione, lasciando la nonna disarmata davanti a tanta umanità”.
Dalle parole alle immagini: in che modo hai voluto rappresentare la tematica affrontata?
“Ho cercato il più possibile di immedesimarmi in uno di quei bambini, illustrando con delicatezza e, perché no, leggerezza, i loro discorsi perché sono certa che José Campanari, mentre scriveva questa storia, è tornato bambino. Ci sono sempre io nelle mie illustrazioni, ci sono i miei figli e la mia casa che, in questo libro, rappresenta il focolare domestico quello che i rifugiati sono costretti ad abbandonare, per causa di forze maggiori. La casa che è rifugio, calore, certezza: se viene a mancare, per qualsiasi motivo, è come se ti mancasse l’aria, la terra sotto i piedi ed è come rimanere soli e indifesi in balia degli eventi. Noi emiliani lo sappiamo bene. Durante lo sciame sismico del maggio 2012 abbiamo provato la sensazione di incertezza e la paura di perdere la nostra casa e, mai come in quei momenti, abbiamo avuto bisogno di un rifugio. La tecnica che utilizzo è il collage; con le matite e la tempera cerco di far vivere i personaggi in forme semplici ma spero espressive”.
Hai altri progetti in serbo?
“Sì, all’inizio del 2017 uscirà per la casa editrice italiana Zoolibri un libro che parlerà di abbracci come rivela lo stesso titolo Tutto in un abbraccio”.
Chiara Sorrentino