La legge ci offre uno strumento: Il Patto di Famiglia. E’ stato introdotto nell’ordinamento da una decina d’anni, per rispondere alle diffuse esigenze di avvicendamento generazionale nell’impresa. La finalità dell’atto è quella di dare all’imprenditore la possibilità di lasciare, per il tempo in cui non ci sarà più, la propria attività al figlio che abbia dimostrato maggiore propensione alla continuazione dell’impresa, senza che l’assegnazione possa essere messa in discussione dagli altri figli o dal coniuge dopo la morte dell’imprenditore stesso. Il meccanismo è volto a evitare quello che, tradizionalmente, succedeva in passato, ossia che l’attribuzione dell’azienda a uno solo dei figli (con donazione o testamento) divenisse, al decesso dell’imprenditore, oggetto di aggressione da parte degli altri figli “esclusi”. Questi – è bene non dimenticarlo – vantano sempre un diritto intoccabile a una porzione del patrimonio del genitore (la quota c.d. di legittima). Per far sì che con il Patto di Famiglia l’assegnazione a favore del figlio ritenuto più idoneo divenga inattaccabile, si realizza una sorta di “successione anticipata” nell’azienda o nella quota societaria, alla quale devono necessariamente partecipare tutti i familiari legittimari alla data del Patto, ossia il coniuge e gli altri figli, affinché prestino il proprio consenso all’attribuzione dell’impresa al prescelto. Quale contropartita, a loro è riconosciuta una liquidazione pari al valore della quota di legittima. L’accordo deve avere, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico notarile. Firmando l’atto, si ufficializzano attribuzione e liquidazione e tutti i partecipanti perdono il diritto a future proteste o impugnazioni, salvo che l’atto stesso non sconti vizi del consenso (ad esempio, se l’adesione viene estorta con violenza), per i quali, comunque, i termini di impugnazione sono ridotti a un anno. Un aspetto importante è dato dal fatto che anche i cc.dd. legittimari sopravvenuti, ossia divenuti tali dopo la stipula del Patto (ad esempio, i figli nati successivamente o il coniuge da seconde nozze) non possono contestare l’assegnazione, avendo però sempre il diritto a essere soddisfatti dai beneficiari del Patto per un valore corrispondente alla propria legittima. Il Patto di Famiglia ha anche il pregio di poter essere modificato qualora, ad esempio, si voglia integrare l’assegnazione o farvi aderire un legittimario sopravvenuto. E’ sufficiente un atto successivo con l’intervento delle persone che lo hanno originariamente sottoscritto. Infine, per il Patto di Famiglia è prevista una notevole agevolazione fiscale: l’esonero dalle imposte di donazione, trascrizione e catastale, a condizione che il trasferimento avvenga a favore di discendenti che si impegnino a continuare l’attività d’impresa per i successivi cinque anni.
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