Gocce di vita e di Emilia

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Quattro “gocce di vita, distillate al momento, fanno bene allo spirito. C’è dentro tanta luce: quella che rischiara l’alba dopo una notte di incubi, la luce di una lampadina che accende un’idea, quella tiepida di una candela profumata quando fai un bagno rigenerante”, ha scritto Giusy Cascio, giornalista di Donna Moderna nella prefazione della raccolta di racconti della carpigiana Elena Coppi intitolata Gocce di Emilie, ed edita da Eclypsed Word.

Assistente di direzione al suo esordio come scrittrice, Elena nelle sue storie parla di giustizia, desideri, vendetta, ma anche di tradizioni emiliane che rimandano al passato.

Elena, da dove deriva la scelta del titolo e di cosa parlano questi racconti? 

“Scegliere il titolo di un’opera è sempre difficile, in particolare quando si tratta di una raccolta di quattro racconti completamente diversi l’uno dall’altro, per contenuti e per genere. Emilie è il nome del mio profumo preferito la cui essenza arriva da Grasse. Inoltre, riporta alla nostra Emilia e alle nostre origini, e nel libro ritraggo dei personaggi dal nome Emily ed Emilia. Il primo, Fascio di sangue, è  un racconto storico ambientato nel secondo dopoguerra. Il secondo, Mani di violino, è un giallo in cui s’intrecciano personaggi quali detective, editori, senzatetto e artisti. Il terzo, intitolato Il grande giorno, è un noir che punta sulla struttura particolare della narrazione dove nascita e pena di morte s’intervallano anche in maniera grottesca e cinica. Infine, nell’ultimo, Non fu fuoco di paglia, è narrata la storia di Carpi: rievoca vicende del mondo rurale e artigianale legate alla lavorazione del truciolo e la nascita dei maglifici”. 

C’è qualcosa di autobiografico nelle sue narrazioni? 

“La prima cosa che insegnano nei corsi di scrittura è di scrivere riguardo a ciò che si conosce. Pertanto, sono partita dal vissuto personale. Poi ho mescolato la realtà con la fantasia.  Per esempio, Fascio di sangue ha per protagonista mio nonno, Alessandro Coppi a cui ho dedicato l’intera raccolta per il suo impegno civile e sociale come avvocato e figura storica dell’antifascismo cattolico. E’ stato deputato dell’Assemblea Costituente, oltre che presidente del Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, prima di diventare uno dei fondatori della DC modenese. Ha vissuto l’Italia durante il nazifascismo e ha contribuito alla ricostruzione del territorio perché tutto doveva essere riportato in vita dopo i segni indelebili lasciati dalla guerra. In questo racconto, inoltre descrivo la campagna emiliana con le sue tradizioni contadine dal sapore antico e familiare, i cui protagonisti sono carpigiani dai nomi allusivi quali Astolfo, Emilia e Zeno, impegnati nella lavorazione del truciolo e dei campi.  C’è l’amore infinito per la mia terra: dal gusto inconfondibile dei cappelletti in brodo e dell’aceto balsamico, alla dedizione per il lavoro, il tutto incorniciato da espressioni dialettali e personaggi in cui ognuno di noi può riconoscere i propri nonni e le proprie origini”. 

Come è nata la sua passione per la scrittura? 

“E’ una passione recente che affonda le radici nel mio desiderio continuo di scavare nel cuore e nella mente degli esseri umani.  Tale passione mi ha portato a frequentare un paio di corsi di scrittura di story-telling organizzati appunto dalla casa editrice che mi ha pubblicato. Scrivere per me è come avere una macchina del tempo a portata di mano: mi permette di viaggiare nel tempo e nello spazio in un unico istante”.

Dove è possibile trovare il suo libro? 

“E’ possibile scaricare l’ebook su  molte piattaforme online come Amazon (in versione Mobi per Kindle). A breve sarà disponibile anche la versione cartacea su richiesta per chi ama, come me, il profumo della carta”.

Sta lavorando a qualcosa di nuovo?

“E’ già pronto un romanzo, di cui non svelo il genere, scritto a quattro mani con uno dei ragazzi dell’attuale casa editrice, e poi vorrei continuare con la stesura di racconti. Infine, non per ultimo, ho in previsione di romanzare una storia vera ambientata nel nostro territorio. Non mi sento di appartenere a un genere in particolare. Preferisco seguire la mia libera intuizione, ovunque mi porti”.

Chiara Sorrentino

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