La Fondazione in Atlante

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“La scelta della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi di investire nel Fondo Atlante è un gesto dal valore immediato a protezione del proprio patrimonio” chiarisce subito il presidente Giuseppe Schena in relazione al fondo, gestito da Quaestio sgr, concepito nel momento in cui Piazza Affari ha tagliato i prezzi delle azioni di quelle banche che non sono più state in grado di far fronte agli aumenti di capitale imposti, indipendentemente dalle condizioni di mercato, dalla vigilanza della Bce. Avendo Bruxelles escluso qualsiasi intervento pubblico, i soldi per affrontare l’emergenza ed evitare il crac già sperimentato di recente (Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti) dovevano essere privati per evitare al Paese una crisi senza precedenti.
“Partita da Vicenza – scrive Marco Panara su  Affari & Finanza – la valanga avrebbe travolto Montebelluna (Veneto Banca), Verona (Banco Popolare) e quindi la fusione con Milano, e poi a seguire Carige, Monte dei Paschi e colpito inevitabilmente la parte sana del sistema Ubi, Bpm, Credem, fino alla grandissime, ovvero Intesa e Unicredit”.
“Anche tralasciando per un momento il valore di un intervento di sistema per tenere in piedi finanza ed economia del nostro Paese, occorre considerare il fatto che in questo modo si preservano gli impieghi e i risparmi di famiglie e imprese. Da presidente della Fondazione, in considerazione del fatto che il portafoglio comprende titoli (tra cui Unicredit, Intesa, Banco Popolare) che fanno riferimento al sistema bancario nazionale, mi preme proteggere e mettere in sicurezza il patrimonio”.
A sottoscrivere il fondo Atlante, Intesa e Unicredit (unica garante per l’aumento di capitale della Banca di Vicenza) per un miliardo ciascuna, le altre banche per un miliardo (è di 100 milioni l’impegno della Bper), 500 milioni dalle fondazioni ex bancarie, 500 dalla Cassa Depositi e Prestiti, e poi assicurazioni, fondi pensione, investitori internazionali.
“L’iniziativa ha il placet del Fondo Monetario Internazionale e la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, che vanta un patrimonio di oltre 300 milioni di euro, ha destinato ad Atlante un investimento di 10 milioni. Le 25 fondazioni contattate in via prioritaria perché azioniste ‘conferitarie’ di  Unicredit hanno aderito, tutte tranne una”.
Puro interesse di parte e adesione doverosa non sono gli unici aspetti rimarcati dal Presidente Schena che da questo investimento, proprio perché tale, si attende un ritorno: gli istituti che investono in Atlante, infatti, saranno privilegiati nella seconda fase, quella della cessione delle sofferenze, problema da 200 miliardi di euro che fa ballare il sistema bancario italiano.
Scrive Panara che il primo effetto dell’arrivo di Atlante sul mercato “dovrebbe essere quello di far aumentare i prezzi delle sofferenze perché i compratori sanno di avere un concorrente di natura non speculativa con cui confrontarsi”. Il secondo “quello di accelerare il processo di smobilizzo, con il suo intervento diretto in quanto acquirente, ma anche attraverso l’effetto indotto dalla sua presenza di avvicinare i prezzi offerti dai compratori a quelli richiesti dai venditori”.
Per questo motivo, Schena può dichiarare che quei dieci milioni rappresentano un investimento che “non mortifica il conto economico e non deprime la capacità erogativa della Fondazione”.
Sara Gelli

 

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