“Tuffarsi è come volare”

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“Il piacere di tuffarsi è qualcosa di innato. Di ancestrale. Alberga in ciascuno di noi. Io sono letteralmente malato di tuffi”. A parlare è il carpigiano settantenne Antonio Capponi, laureatosi a Torino campione nazionale invernale di tuffi Categoria Maschile Over 70 Masters dal trampolino di un metro e tre metri. Una passione quella per i tuffi che accompagna Antonio da tutta una vita: “pur vivendo a San Marino, sono nato a Modena e da piccolo passavo ogni momento libero in piscina. Alle Dogali mi divertivo a lanciarmi dai vari trampolini e anche se non potevo usufruire dei consigli di un allenatore, il richiamo dell’acqua era fortissimo. Irresistibile”. L’emozione di tuffarsi, provata per la prima volta a cinque anni, si è rafforzata nel corso del tempo: “quando impari a tuffarti da bambino e vinci ogni paura e resistenza, l’amore per questa disciplina sportiva non potrà che accompagnarti per il resto della vita”, sorride Antonio. La vita però, si sa, spesso prende strade alternative. Inaspettate. “Durante gli anni di inattività, il tuffo ad angelo (che consiste nel darsi una spinta verso l’alto aprendo le braccia come se fossero ali) continuava a ossessionarmi. Lo sognavo persino di notte”, ricorda Capponi. Dopo una pausa lontana dall’acqua, a trent’anni, con due bambini al seguito, Antonio decide che è tornato il momento di volteggiare tra un trampolino e l’altro: “negli Anni Novanta trovai una piscina attrezzata per i tuffi a Poggiorusco poi ci spostammo a Spilamberto, al Barracuda del signor Gianni Ferrari. Una struttura privata straordinaria, con istruttori qualificati e bagnini sempre presenti, che nel 2013 ha fondato una Scuola di tuffi inizialmente coordinata dalla campionessa mondiale riminese Cristina Cicchetti  e poi sostituita dall’allenatore federale Leonardo Borruso”. La vera nota dolente di questo sport infatti consta proprio nella cronica mancanza di strutture adeguate: “il tuffo, come ogni disciplina sportiva, ha un margine di rischio. E’ quindi fondamentale che neofiti, appassionati e sportivi di lungo corso vengano sempre seguiti da preparatori attenti: solo in questo modo la percentuale di pericolosità si riduce grandemente”. Ed è proprio tra le mura del Barracuda che, nel 2015, Antonio e i suoi figli Oscar e Ivan, rispettivamente di 39 e 37 anni, conoscono Borruso: “fu lui a parlarci della società Canottieri Mincio di Mantova, città che vanta una tradizione storica in fatto di tuffi. Ed è lì che io e i miei ragazzi ci siamo immediatamente iscritti entrando a far parte della squadra Master composta da una decina di persone”. Nel mese di febbraio il team ha partecipato al Campionato nazionale invernale di tuffi a Torino: “un’emozione a dir poco straordinaria. Essere lassù, sentirsi al centro dell’attenzione con tutti gli occhi puntati addosso… è davvero una sensazione indescrivibile. E’ stato un po’ come entrare in televisione. La stessa Tv dalla quale seguo da sempre i campioni di questo affascinante sport. Siamo entrati nella piscina dove i grandi gareggiano, ci siamo lanciati dagli stessi trampolini, ci hanno giudicato i medesimi giudici… l’unica differenza è che quando i vari Andrea Chiarabini e Tania Cagnotto si beccano un sette si arrabbiano mentre noi stappiamo tre bottiglie di champagne”, ride Antonio Capponi. Questa disciplina sportiva viene chiamata “lo sport del secondo e mezzo, poiché dallo stacco dal trampolino, tutto si consuma in un paio di secondi”. Ed è proprio in questa condensazione di tempo, energia e concentrazione che Antonio sperimenta ogni volta la bellezza di lanciarsi, rinnovando la sua passione: “siamo animali che camminano, non siamo stati dotati di organi adatti al volo. L’acrobatica a cui si dedicano i tuffatori va perciò contro natura. Il nostro sforzo continuo è quello di concentrarci e allenarci duramente per sviluppare delle sensibilità in uno spazio che ci è innaturale. Solo attraverso un costante lavoro si possono raggiungere gli automatismi necessari per librarsi, seppure per qualche istante, in volo”. Fondamentale è la partenza: “il trampolino è una sorta di cavallo selvaggio da domare. Il segreto è quasi tutto lì: imparare a sfruttarlo il più possibile. Più in alto vai, più figure sarai in grado di fare prima di raggiungere l’acqua. Il trampolino rappresenta l’abc, il fondamentale del tuffo: per creare il giusto feeling con questa piattaforma e padroneggiare pienamente il pre salto occorre dotarsi di grande pazienza. Una volta imparato a controllare il presalto, il gioco è quasi fatto: il resto verrà con l’esercizio e la tecnica”. A Torino la squadra ha conquistato il terzo gradino del podio mentre Antonio Capponi, tra i tre Master tra i 70 e gli 80 anni in Italia, è giunto primo. Una soddisfazione straordinaria a testimonianza del fatto che, a settant’anni suonati, con l’esercizio, la determinazione e l’amore, si possono raggiungere risultati a dir poco insperati. L’unico rammarico di Antonio è l’inadeguatezza degli impianti natatori, compreso quello di Carpi: “c’è voglia di tuffarsi. Ogni anno vedo aumentare il numero di ragazzi che si avvicinano a questa disciplina sportiva ma si potrebbe fare molto di più se solo vi fossero delle piscine dotate delle attrezzature necessarie. Non esistono solo calcio e pallavolo… La grazia, l’eleganza e la perfezione dei corpi in volo durante i tuffi sono qualcosa di magico. Ineguagliabile. Qualcuno dovrebbe e potrebbe fare di più per incentivare questo sport ancora così poco conosciuto e praticato”, conclude amaramente il tuffatore di casa nostra.

Jessica Bianchi