La maestra dell’asilo Mariele Ventre di Pavullo arrestata e poi liberata perché accusata di maltrattamenti fisici e verbali sui piccoli dai 3 ai 5 anni, ha riaperto il dibattito sulla sicurezza all’interno delle scuole. E’ possibile evitare che si verifichino casi di maltrattamento? Ne abbiamo parlato con Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori. “La prima cosa che stiamo proponendo da anni è la necessità di sottoporre periodicamente i docenti a una visita di tenuta emotiva: una consultazione specialistica con uno psicologo. Quello dell’insegnante è un mestiere usurante sotto il profilo emotivo: non tutti reggono. O in alcuni casi, anche se rari, ci sono persone che proprio non hanno la minima idoneità all’esercizio di tale ruolo. Purtroppo incontriamo il no deciso da parte della categoria e il totale silenzio da parte del Ministero perché tale proposta viene letta come un oltraggio alla categoria. Ma non è così. Siamo convinti che la maggioranza del corpo docente italiano sia degna del ruolo, ma c’è anche la cancrena e la cancrena va rimossa. Una persona che sta bene, che non ha nulla da temere si dovrebbe sottoporre a tale consultazione senza alcun problema. Non dobbiamo scherzare con questo mestiere: i genitori mettono i loro figli nelle mani di persone di cui dovrebbero avere fiducia. Fiducia che, però, nei casi di maltrattamento viene tradita in maniera criminosa: menare e pestare i bambini è un crimine. Occorre poi abituare molti genitori a denunciare: alle famiglie che ci chiamano diciamo di non rivolgersi a noi, bensì di denunciare il fatto alle Forze dell’Ordine. A frenarle, infatti, è spesso la paura di ritorsioni sui bimbi. In casi di maltrattamento, alle volte, il preside, per preservare il buon nome della scuola, preferisce mediare anziché denunciare o allontanare il docente. E’ poi impossibile che bambini pestati che piangono non vengano uditi anche dagli altri insegnanti della scuola. L’omertà intorno a tutti questi casi deve finire”.
C’è chi propone anche le telecamere all’interno delle scuola. Lei cosa ne pensa?
“Io trovo antipatica l’idea della violazione della privacy in un momento intimo qual è la lezione a scuola. In questo modo verrebbero condizionati ragazzi e docenti, poiché si creerebbe una sorta di grande fratello perenne. Ma se tale provvedimento serve, ben venga: potrebbe essere utile nel rassicurare la mamma che può vedere il bambino quando vuole, ma verrebbe meno l’intimità che connota il rapporto docente- alunno”.
Quali effetti possono comportare dei maltrattamenti prolungati nel tempo sulla psiche dei bambini?
“I bambini possono rimanere traumatizzati: al di là del dolore fisico quello che incide maggiormente è la lesione della dignità. Il trauma più importante è comunque quello relativo alla mancanza di fiducia nei confronti della persona adulta di riferimento: per il bambino il docente diventa una sorta di vice papà e vice mamma. Si sfilaccia questa fiducia e a risentirne è anche l’autorevolezza degli adulti: un bambino pestato difficilmente sarà in grado di rispettare l’autorità quando cresce, perché proprio chi rappresenta quell’autorità l’ha ferito”.
E poi è il genitore che affida il bambino a quell’adulto. Anche questo può avere conseguenze?
“Certo, è una concatenazione di conseguenze non solo emotive, ma anche sociali. Queste persone andrebbero esemplarmente punite, allontanate definitivamente dai plessi scolastici e dovrebbero essere messe alla gogna della società. Dovrebbero vergognarsi di uscire. Non si tratta solo del piccolo ceffone o dello scappellotto, qui parliamo di veri e propri pestaggi. A noi arrivano segnalazioni di docenti che mettono il dito sotto il mento del bambino fino a sollevarlo, di bambini sbattuti contro il muro o a cui vengono lanciati sulla pancia i banchi della scuola. Siamo alla follia. Tra i genitori c’è chi reagisce fisicamente e allora diventa un cane che si morde la coda. Le conseguenze insomma sono tantissime”.
Federica Boccaletti