Nel primo anniversario della sua scomparsa un ricordo di Renato Crotti

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Il 10 febbraio dello scorso anno il grande imprenditore carpigiano Renato Crotti saliva su un pullman per il suo ultimo viaggio d’affari. Sotto al braccio il bilancio di novantaquattro anni di vita,  in gran parte spesi per la sua città natale dove nel 1948 aveva fondato la Silan divenuta uno dei pilastri del miracolo tessile carpigiano.  Gli ultimi anni di quella lunga carriera Renato Crotti aveva voluto dedicarli a trasmettere la sua esperienza a quei giovani che si erano appena incamminati sul sentiero della vita; giovani che erano cresciuti in quel benessere e quella ricchezza che imprenditori come lui avevano contribuito a creare e la cui importanza non sempre, le nuove generazioni sono capaci di apprezzare appieno. I suoi insegnamenti, maturati in quasi quarant’anni di avventura imprenditoriale e riflessione personale li aveva condensati in testi come Il Teorema della Padrona di Casa e della Colf dove, con un esempio semplice e pragmatico come quello di una casalinga che si reca a fare la spesa, era riuscito a spiegare la non facile differenza tra il sistema economico liberale e quello di economia pianificata dell’Unione Sovietica, dove tanti pullman aveva inviato a proprie spese negli anni più gelidi della Guerra Fredda.
Ciò che divide la padrona di casa dalla colf è la capacità di saper scegliere la migliore “Value Proposition” per la propria famiglia laddove la colf, costretta a farlo per contratto, finirà per arraffare di malavoglia il primo barattolo sugli scaffali senza badare alla qualità.
Per Renato Crotti era quella differenza che aveva consentito al sistema economico liberista di sopravvivere al suo acerrimo nemico comunista: un avversario che Crotti aveva cercato di comprendere e confutare non con l’arma della sterile polemica ideologica bensì con quella della conoscenza, pagando di propria tasca i viaggi di centinaia di lavoratori che superavano la Cortina di Ferro per toccare con mano i limiti del sistema sovietico.
Così come Papa Giovanni Paolo II, la cui lettera faceva sempre bella mostra nel suo ufficio, Renato Crotti non era però cieco davanti ai difetti del sistema che aveva fatto la fortuna del mondo libero. Per Crotti la ricchezza generata dalle attività industriali non poteva mai essere il fine ultimo del lavoro dell’imprenditore, il mero  strumento per arricchire se stesso, bensì la chiave per generare risorse essenziali per il miglioramento delle condizioni materiali e soprattutto culturali della collettività.
L’imprenditore dev’essere una figura che vive in simbiosi con la società, in un rapporto di mutuo arricchimento e beneficio. Accumulare capitali lasciati sterili in straripanti conti in banca, lucrare su una qualità sempre inferiore offerta alla clientela, vampirizzare risorse dalla collettività e da una classe lavoratrice da abbandonare a se stessa al primo segno di globalizzazione non era per lui il modo giusto di creare ricchezza, bensì di parassitarla sino all’inevitabile morte dell’ospite.
Prima di salire con il nostro biglietto elettronico sullo scintillante treno della Rivoluzione Industriale 4.0, con le sue promesse di totale automazione a costo zero, Smart Factories e valute virtuali, forse sarebbe meglio fermarsi un attimo in attesa di un pullman per saper vedere oltre la nuova Cortina di Silicio.
Davide Calzetti

 

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