Infermieri e Oss sull’orlo di una crisi di nervi

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“All’Ospedale Ramazzini di Carpi c’è un infermiere che ha accumulato ben 180 giorni di ferie non godute. Per molti altri si parla di 60, 80 giorni…”.  Sembra una storiella di quelle da raccontare al bar ma, come spesso accade, la realtà, anche in questo caso, ha superato la fantasia.  Quella di Carpi è la situazione “più critica tra le strutture ospedaliere dell’intera Azienda Usl di Modena”. Parola del sindacalista della Cisl, Livio Lomartire. A rendere esplosiva la situazione, la cronica mancanza di personale, “soprattutto per quanto riguarda il numero di operatori socio sanitari (Oss) in modo particolare nel Reparto di Ostetricia e Ginecologia e in Pronto Soccorso e di infermieri”. I turni sono massacranti e i carichi di lavoro insostenibili: “il contratto è chiaro e prevede che ogni sette giorni vi sia un giorno di risposo ma in realtà, in corsia, le cose sono ben diverse”, prosegue Lomartire. Gli organici infatti sono talmente risicati che le risorse umane a disposizione a volte non sono sufficienti per coprire i turni senza far saltare i riposi: “il personale in forze viene inevitabilmente richiamato in servizio durante i propri giorni di riposo e, spesso, la turnazione stessa è organizzata eliminando di fatto, sistematicamente, il riposo”. In questo modo infermieri e Oss saltano i riposi o le ferie se un collega si ammala, rientrano dai riposi che spettano loro di diritto dopo le notti, se il bimbo della collega ha la febbre e lei non può recarsi al lavoro il mattino seguente. E lo stress professionale aumenta, anche a scapito dei pazienti. Tanti e dalle esigenze più diversificate. E sono proprio gli eccessivi e usuranti carichi di lavoro cui sono sottoposti gli operatori che hanno mosso le varie sigle sindacali a organizzare il presidio di protesta svoltosi lo scorso 11 novembre, davanti alla sede dell’Azienda Usl di Modena in via S. Giovanni del Cantone. Tra straordinari accumulati e non pagati, stipendi tra i più bassi dell’Area Ocse, pensionamenti non rimpiazzati  e precari in attesa da anni di essere stabilizzati, il volto della sanità pubblica diventa sempre più mesto.  
Jessica Bianchi