Carpi combatte la febbre da gioco

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Ogni storia è diversa. L’ultima è quella di una signora che dopo aver perso quarantamila euro al gioco ha raccontato di essere stata vittima di una rapina per giustificare l’ammanco. Da quando il gioco d’azzardo è entrato nelle nostre case, grazie ai siti su Internet, la situazione si è ancor più aggravata.
Sul fronte del contrasto alle ludopatie, Carpi si configura sempre più come un centro di riferimento per la lotta al gioco patologico. Nella nostra città sono previsti un approfondimento rivolto ai medici di base e un momento di formazione che coinvolgerà l’intero mondo del volontariato.
Il primo appuntamento è in programma sabato 17 ottobre nell’ambito di un corso di aggiornamento, organizzato dall’Ausl,  su psichiatria e geriatria presso la Sala Congressi di Carpi: il dottor Massimo Bigarelli, direttore di struttura complessa Dipendenze patologiche Area Nord, interverrà sul tema delle ludopatie e sarà presentato un caso clinico. In platea ci saranno i medici di medicina generale, i primi a cui il cittadino si rivolge per un qualsiasi problema di salute. Il dottor Bigarelli interverrà successivamente giovedì 29 ottobre presso la Casa del Volontariato di via Peruzzi: ad ascoltarlo ci saranno i volontari delle associazioni cittadine che operano sul territorio e hanno il polso di ciò che sta accadendo a livello sociale.
L’obiettivo, è evidente, è quello di costruire una rete per far fronte alla febbre del gioco, un fenomeno in continua crescita in particolar modo per i giochi che si svolgono al chiuso oppure attraverso Internet.
“E’ fondamentale informare la classe medica e promuovere il coinvolgimento di tutte le figure interessate – spiega il dottor Bigarelli – perché l’azione del singolo individuo non è sufficiente: si tratta di aiutare il paziente ludopatico, ma anche i suoi familiari”.
Dottor Bigarelli, qual è l’entità del fenomeno?
“Come primo dato già il Ministero della Salute ha considerato affetto da ludopatia, cioè gioco patologico una percentuale fra lo 0,5 e il 2,2% della popolazione adulta anche se ultimamente abbiamo dei casi di  segnalazioni di giovani o di minori. Come Azienda Usl seguiamo circa 130 persone nei nostri servizi pur non essendo ancora ricompreso il gioco d’azzardo nei Lea, cioè nei Livelli essenziali di assistenza”.
Che tipo di percorso si propone a chi vuole affrontare i propri problemi?
“I percorsi di recupero sono sia individuali che di gruppo: colloqui individuali con un’impostazione di sostegno psicologico o cognitivo-comportamentale e dei percorsi di gruppo che si sono rivelati particolarmente efficaci. In questo senso dobbiamo segnalare che i nostri programmi sono nati in collaborazione con varie organizzazioni: sia con i comuni sia con le associazioni dei commercianti. C’è un corso regionale a cui gli imprenditori e i commercianti che hanno le macchinette, le video lottery e i gratta e vinci partecipano per essere formati ad affrontare clienti problematici. Esistono poi associazioni di volontariato, come Ceis e Lag, che organizzano dei gruppi di recupero. E’ un’attività di rete che da quattro anni abbiamo messo in campo”.
Che cosa possiamo fare di più?
“Si può fare molto di più sul fronte della prevenzione: il momento di formazione rivolto ai medici di famiglia il 17 ottobre e l’appuntamento del 29 ottobre presso la Casa del Volontariato di viale Peruzzi con i volontari delle varie associazioni si propongono di sensibilizzare gli operatori. E’ importante diffondere il messaggio anche nelle scuole: nelle iniziative rivolte agli studenti, oltre a parlare di fumo, alcol e droghe,  ora affrontiamo il tema del gioco d’azzardo. E’ chiaro che è una gara molto dura da vincere perché gli interessi economici  sono elevatissimi”.
Sara Gelli

 

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