Nuove soluzioni abitative per arrivare alla chiusura, “senza se e senza ma”, dei grandi campi nomadi “dove è più facile che si concentrino conflitti, tensioni sociali e condizioni igieniche non tollerabili”. Quella dell’abitare è senza dubbio una delle voci principali del progetto di legge sull’inclusione sociale di Rom e Sinti, i quali rappresentano lo 0,06% della popolazione complessiva dell’Emilia Romagna (sono circa 2.700), approvato nei giorni scorsi dall’Assemblea legislativa della Regione. Per favorire il definitivo superamento dei campi di grandi dimensioni, la Regione stanzia 700mila euro (pochini) per i Comuni quale incentivo per il passaggio a micro-aree, pubbliche e private, a carattere familiare. E a Carpi, cosa succederà? Come noto, l’ente pubblico, che sgomberò il campo di via Nuova Ponente nell’aprile dello scorso anno, ora è alle prese con una bella gatta da pelare: dove piazzare i 45 sinti attualmente sistemati in zona fiera e i 30 dell’ex scuola di Cortile? E come sbrogliare la vicenda che vede protagonisti da un lato la famiglia Bernardoni proprietaria di un terreno in via dei Fuochi e la comunità cortilese che rifiuta con forza l’idea di veder sorgere una mobil home sull’area?
La Giunta Bellelli che aspettava con ansia la ratifica del progetto di legge regionale rischia ora di restare a bocca asciutta. I finanziamenti stanziati, infatti, non verranno erogati a pioggia bensì “verranno assegnati ai comuni più pronti a mettere in pratica la legge, attraverso proposte fattive”, ha commentato Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione e assessore alle Politiche di Welfare. I nostri amministratori, intanto, prendono tempo in attesa delle “delibere attuative” e non avanzano alcuna ipotesi concreta. Bocce ferme insomma. Per mancanza di idee o di strumenti?
Assessore Gualmini, in Comune lamentano di avere le mani legate poiché sono in attesa delle delibere attuative. Quali sono i tempi?
“Stiamo aspettando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la ratifica formale: immediatamente dopo verranno prodotti un documento più operativo, la cosiddetta Strategia regionale sull’inclusione di Rom e Sinti, e la delibera attuativa. Contiamo che questi due documenti siano pronti per settembre, ottobre al massimo. Mi preme però sottolineare che a partire dalla fine di luglio andremo presso i comuni a illustrare i contenuti della legge e a spiegare che ci saranno tavoli di coordinamento grazie ai quali i comuni verranno seguiti nei passaggi più tecnici dell’applicazione della nuova normativa. Certamente le delibere attuative sono importanti ma sì può iniziare a lavorare sin da subito”.
Laddove, come a Carpi, i campi siano già stati superati, e si siano create delle aree temporanee per ospitare i sinti, i Comuni possono comunque accedere alle risorse stanziate?
“Dovremo valutare con attenzione i percorsi studiati dalle amministrazioni i quali sostanzialmente prevedono la possibilità di ricollocare Sinti e Rom in microaree e in alloggi sul libero mercato o popolari, laddove vi siano i requisiti per accedere alle graduatorie. Ogni comune dovrà presentare un programma – condiviso e avvallato dal Consiglio Comunale – molto specifico inerente le situazioni delle singole famiglie, e ricordiamoci che parliamo di gruppi famigliari molto numerosi. Chi dimostrerà di voler davvero risolvere il problema e opererà nella massima regolarità e legalità, potrà usufruire delle risorse stanziate”.
Quante persone potranno vivere in una microarea?
“Tali parametri verranno fissati negli atti attuativi. Diciamo che, indicativamente, non si dovranno superare le 15-20 persone altrimenti salterebbero l’idea di microarea famigliare e la necessità della responsabilizzazione chiara in capo a una persona, la quale, ad esempio, dovrà accollarsi l’onere del pagamento di tutte le utenze”.
Nel nostro territorio ogni volta che una famiglia sinti ha cercato di porre la propria mobil home su terreni di proprietà abbiamo assistito a delle vere e proprie levate di scudi da parte dei vicini con infiniti ricorsi ai Tar (ndr Famiglia Bernardoni). Non temete che situazioni simili di fatto continueranno a bloccare i percorsi di autonomia di rom e sinti, malgrado la nuova legge?
“Spetta ai comuni trovare soluzioni di buon senso e ragionevoli. Certamente le microaree dovranno essere collocate in zone – pubbliche o private – non ghettizzanti rispetto alla città: non possiamo isolarli in aree lontanissime o del tutto degradate perché, in questo modo, non risolveremmo il problema. Se una microarea autofinanziata e autogestita da una famiglia sorge in un terreno piccolo, anche vicino alla città, sono convinta non costituisca un problema”.
Sono previsti incentivi per eventuali privati disposti ad affittare o vendere aree ai nomadi?
“Assolutamente no, onde evitare il rischio di una speculazione. Il nostro riferimento è l’ente pubblico il quale deve garantire il pubblico interesse”.
Una cosa è certa, il patrimonio Erp è del tutto insufficiente a rispondere alle pressanti richieste di un’emergenza, quella abitativa, sempre più drammatica.
Al contempo, l’assessore alle Politiche Sociali, Daniela Depietri, ha più volte ribadito che l’intenzione del Comune non è quella di mettere a disposizione dei sinti aree di proprietà pubblica. Non si sfugge: le uniche strade che restano sono il libero mercato (ma i sinti tra quattro mura non ci vogliono vivere) e l’acquisto di terreni privati sui quali mettere la propria casa mobile. Se qualcuno avesse voluto farlo ci avrebbe già pensato. Con o senza legge regionale.
Jessica Bianchi