Bocce ferme alla Goldoni

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“Abbiamo paura che qui chiuda tutto”. E’ questo il timore più grande che ci avevano espresso i circa 300 lavoratori in forze alla Goldoni Spa durante lo sciopero del 3 luglio scorso. “La produzione è ferma da novembre e noi siamo in cassa integrazione a zero ore. Sono tre mesi che non percepiamo lo stipendio: la situazione è drammatica”. E’ dal 2008 che la Goldoni naviga in pessime acque: “l’inizio della crisi e la perdita di un cliente strategico come John Deere che faceva fatturare 20 milioni all’anno  – commenta Antonio Petrillo della Fiom/Cgil di Carpi – hanno fatto la loro parte. Poi però l’azienda, invece di reagire, si è come fermata e ora versa in una condizione finanziaria drammatica: se non ci saranno eventuali acquirenti o una profonda modifica gestionale, per questa impresa non ci sarà futuro”. “Da mesi, per non dire anni, non si vede una via d’uscita. Andiamo sempre più giù… e ora siamo giunti al punto di rottura”. Un’incertezza che logora gli animi e toglie speranza. Per tentare di comprendere le reali difficoltà della Goldoni e le conseguenze derivanti dal deposito della domanda di concordato con continuità presso il Tribunale di Modena, che porterà al “congelamento” di tutte le retribuzioni, lo scorso 13 luglio si è tenuto un incontro nella sede del Comune di Modena, alla presenza di Gian Carlo Muzzarelli, presidente della Provincia, dei sindaci di Carpi  e Rio Saliceto,   Alberto Bellelli e Lucio Malavasi, di Massimo Goldoni, in rappresentanza della proprietà, avvocati e rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Un incontro interlocutorio, lo ha definito Muzzarelli, durante il quale “tutte le parti hanno dimostrato una positiva responsabilità per cercare di dare continuità alla produzione sul territorio salvaguardando gli attuali livelli occupazionali”.
Oltre due ore di dibattito per giungere, sostanzialmente, a nulla. La proprietà, infatti, si è semplicemente limitata a ribadire la propria disponibilità a vendere.
Bocce ferme quindi.
“Onestamente – prosegue Petrillo – confidavo in un ulteriore passo avanti, in realtà ci hanno soltanto riconfermato la volontà di vendere l’impresa. La proprietà ha ammesso di essere in trattativa con diversi gruppi internazionali e non e che la prossima settimana qualcosa potrebbe muoversi. Noi abbiamo ribadito quanto il fattore tempo sia fondamentale: fino a quando non avremo un piano industriale sul quale discutere, la ripresa dell’attività produttiva si allontana. E ricordiamoci che Goldoni non produce magliette, bensì trattori… Se vi sono potenziali acquirenti occorre trovare al più presto una quadra”.
“Siamo in contatto con imprenditori cinesi, indiani e con multinazionali extraeuropee e non solo… La nostra volontà – ha dichiarato Massimo Goldoni – è quella di mantenere anche dal punto di vista settoriale una continuità  integrabile nei piani di sviluppo di aziende attinenti al nostro business e al nostro modello di produzione: ciò garantirebbe il futuro dell’azienda e dei lavoratori”. Il 31 luglio il sindacato ha indetto un nuovo incontro con la direzione per valutare insieme lo stato di avanzamento delle trattative in corso e poter così fare il punto coi dipendenti. “Il nostro unico obiettivo – conclude Petrillo –  è il mantenimento degli attuali livelli occupazionali”. Intanto il sindacato ha chiesto ai tecnici di domandare al giudice, qualora vi fosse ancora capienza economica, di sbloccare parte degli stipendi e di ridare così una boccata di ossigeno alle trecento famiglie che oggi vivono senza uno stipendio.
Jessica Bianchi

 

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