“La prima raccolta fondi che facemmo per Amo fu in occasione di una Festa di Halloween. Ricordo che il dottor Fabrizio Artioli era vestito da suora: gli donava! Raccogliemmo 800 mila lire: allora ci sembrò una cifra pazzesca. Straordinaria. Il messaggio, guardando quanta strada ha fatto l’associazione, mi pare chiaro: i sogni, a volte, si avverano”. Parole sentite, quelle dell’assessore alle Politiche Sociali, Daniela Depietri, durante il Gran Galà dell’Amo, svoltosi lo scorso 18 giugno, nella splendida cornice di Villa Ascari. Negli ultimi dieci anni, le ha fatto eco l’ex storico presidente di Amo, Artioli, “abbiamo fatto tanti di quei tortellini da coprire, con la sfoglia, la distanza Carpi – New York. Grazie alla determinazione e alla generosità di tutti, molti progetti si sono realizzati. Oggi il nostro impegno continua a essere profuso affinchè a Carpi si realizzi un Hospice. Una struttura di accoglienza nella quale crediamo. Con forza e decisione”. In diciannove anni di vita, l’Amo si è spesa in favore del nostro ospedale e della salute della comunità, elargendo beni e servizi per oltre 6 milioni di euro. La sfida futura di cui si faranno carico gli inarrestabili volontari sarà quella di rifornire, a partire dal prossimo anno, tutti i centri oncologici della provincia (a esclusione del Policlinico) di farmaci antitumorali che verranno preparati in un laboratorio cittadino dedicato. La platea ha poi avuto la possibilità di applaudire “il cavaliere che per noi è regina”, ovvero Angela Righi, così come è stata dolcemente descritta da Pietro Artioli. Con umiltà ed emozione, la caposala della Medicina oncologica del Ramazzini, nominata cavaliere al merito della Repubblica italiana, ha dedicato l’onorificenza a tutti i colleghi: “grazie a tutti voi, per quanto mi avete insegnato e aiutato”. Storie tra cielo e terra: questo il delicato fil rouge della serata. Storie piccole. Le nostre. Quelle in cui ci possiamo imbattere ogni giorno. Storie che, introdotte dall’attrice carpigiana Elisa Lolli, hanno poi preso vita sul palco. Intense. Dolorose. Vere. La prima, raccontata da una toccante Cecilia Di Donato, è quella di Francesca. Un’infermiera alla quale diagnosticano un tumore al seno a soli 28 anni. “Da addetta ai lavori a paziente: tutto cambia. Quando firmi il consenso informato, quando la vita e la morte sono le tue, tutto muta. All’improvviso. La mia, era diventata una storia sbagliata. Mi sentivo perduta. Ho scelto di vivere la malattia da sola, impegnandomi a continuare a vivere, un giorno dopo l’altro. Per me, la mia bambina e mio marito. Fino a quando sono riuscita a riscrivere la mia storia. Quella giusta”. La seconda storia è quella di Anna Maria Burani, uccisa da un tumore al pancreas. A ricordarla il marito Pierluigi Castagnetti: “un cancro imperdonabile che in due anni e mezzo ce l’ha portata via. Anna Maria è riuscita ad accogliere la sua morte, a razionalizzarla. Consapevole, seppure speranzosa, ha conservato serenità e lucidità sino alla fine, senza mai mostrare alcun cedimento emotivo. La sua forza ha fatto entrare me e mio figlio in confidenza con la morte e la fede è stata una compagna fidata”. Ad Annalisa Bonaretti poi l’onore di annunciare il vincitore della tredicesima edizione del Premio Donata Testi, reso possibile, come ogni anno, grazie alla generosità di Clarissa Lovat. A ricevere l’attestato e un assegno di 5mila euro è stato il presidente dell’Associazione Vittorio Tison, dottor Dino Amadori. “L’Associazione è nata in ricordo di Vittorio Tison, stimato anatomopatologo, amico caro e uomo di grandi qualità professionali e umane, impegnato in opere di volontariato in Tanzania e morto a 55 anni a causa di un melanoma. La scelta prioritaria di intervento dell’associazione è stata quella di realizzare un progetto per il controllo del cancro nel Paese. In Tanzania i tumori maligni rappresentano la seconda causa di morte, dopo le tre grandi malattie infettive (malaria, Aids, tubercolosi) ma nonostante ciò l’unico oncologo operante nel Paese è quello formato in Italia da noi. La strada da fare è ancora lunga e impervia”.
E’ la prima volta che il direttivo di Amo decide di premiare un sodalizio che non appartiene al proprio territorio, “ma – prosegue Annalisa Bonaretti – un filo sottile ci lega. Anche voi avete a disposizione un centro di Radioterapia e la vostra sfida è quella di acquistare un acceleratore lineare. Questi 5mila euro rappresentano una goccia nel mare ma Amo vuole fare la sua parte. Inoltre crediamo sia importante, oggi più che mai, guardare oltre la nostra città, oltre il Mediterraneo: occorre aiutare le persone là dove sono”.
Dopo 19 anni di stimato servizio, il dottor Artioli ha poi ufficialmente passato il testimone al dottor Paolo Tosi: “grazie per avere creduto in me”, le sue prime parole da presidente. Consegnati infine gli Amo d’Oro agli amici dell’associazione che, nel nome della solidarietà, si spendono per il bene della città. I riconoscimenti sono stati assegnati da Carla Mari, Franca Pirolo e Lea Gasparini ad Attilio Bedocchi, Luciano Cattini e Marisa Beltrami, Maria Grazia Russomanno, Luciano Meschiari, Gianni Prandi (premio ritirato da Deanna Ori) e Giancarlo Guidetti. E sulle note di Meraviglioso, magistralmente interpretata dalla cantante Marianna Guareschi, anche la tredicesima edizione del Gran Galà si è conclusa. Una serata di festa, all’insegna di convivialità e solidarietà.
Senza però dimenticare che la malattia può bussare alla porta di chiunque, all’improvviso, e qualora dovesse accadere, allora è necessario stringersi. Gli uni agli altri. E ricordare che, insieme, forse, vincere diventa più facile.
Jessica Bianchi