LA stAgione perfettA

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Il Carpi mette la cornice intorno al suo capolavoro. Conquista il Braglia con un’esecuzione piratesca: due palle di colubrina in corpo  direbbe Emilio Salgari, padre di Sandokan e delle tigri di Mompracem. Insieme alla celebrazione del sorpasso storico, arriva la matematica vittoria dell’83esima edizione del campionato di Serie B. E’ la stagione perfetta: il titolo, i due derby vinti, una serie lunghissima di tabù infranti e di record battuti; e soprattutto un’impressionante dimostrazione di forza mentale in tutti, ma proprio tutti, i momenti decisivi.
IL MATCH – Il Modena non ha capito la partita. L’ha attaccata con qualità e velocità: Calapai e Fedato lungo le fasce, Garritano e Signori in trequarti, Granoche sul secondo palo. Ma non l’ha realmente giocata, perché giocarla vuol dire anche considerare i rischi a cui si va incontro. L’errore di fondo, della squadra e dell’ambiente che l’ha preparata, è stato scommettere senza garanzie sui festeggiamenti del Carpi. Non lasciargli il dovere del ritmo, ma imporglielo. La vera condanna è stata quel Karma sfavorevole da dover ribaltare per forza, con una vittoria a tutti i costi. Così, quasi per conseguenza naturale della furia, i problemi accumulati hanno presentato il conto: il primo è stato non segnare; il secondo, perseverare allo scoperto. Non correggersi una volta compreso che non c’erano abbastanza munizioni per uccidere.
Quando affronti un Cannibale non al suo meglio in una Classica, o lo spingi fuori dalla corsa facendo immediatamente selezione, oppure hai tutto l’interesse a ripiegare alla ruota e far scorta di energie. Altrimenti, se te lo porti all’ultimo chilometro e ti fai trovare stanco, non ti userà alcuna premura. E’ successo questo: il Carpi ha avuto bisogno di un’oretta a bassa intensità per ritagliarsi la propria occasione. Una volta finito di sudare lo champagne di martedì, ha messo sul piatto quei 15-20 minuti di alto contenuto agonistico che aveva a disposizione. Così ha vinto la manche: con un rilancio di posizione, che il Modena è andato a vedere senza cambiare le carte giuste. Accettando un impraticabile duello di ribaltamenti su 70 metri di campo, senza superiorità numerica in difesa e con la cerniera di mezzo (Schiavone-Martinelli) aperta dalla fatica. È chiaro che se Granoche fosse scattato sulla linea di Gagliolo, e non 30 cm oltre, racconteremmo un finale diverso. Ma è altrettanto evidente che il risultato ha preso forma sulla mancanza di un incontrista fresco (Salifu, entrato tardi) e di un terzo stopper. Zoboli e Cionek, ridotti al due contro due, sono finiti sott’acqua. Perché quando è deflagrato Rombo di Tuono, ha cominciato a piovere forte.
DECISIVO KEVIN – La mancinata di Riva, in fondo alle progressioni di Bale, agitate dall’urgenza di Massaro quando entrava nella ripresa, tarantolato, per recidere la giugulare delle partite. Sia chiaro: sto facendo confronti sullo stile, non sui valori assoluti. Tanto premesso: è sensazionale verificare ogni volta, una tappa di crescita dopo l’altra, come Lasagna, senza rendersene conto, congiunga epoche di calcio pur giocando in modo estremamente essenziale. Primordiale per istinti, modernissimo per l’esattezza con cui sta in campo: nel calcio liquido del villaggio globale, siccome la scienza è di tutti, la modernità è per forza di cose un ritorno al semplice. In un’espressione: è il giocatore del futuro. E badate bene: non lo sostiene chi scrive, ma chi ne capisce infinitamente di più. Lo ha detto Castori a Conte, mentre lo ringraziava dei complimenti per il trionfo. “Appena finisco di togliergli il selvatico ti servirà”. Beninteso: con altri termini, ed un accento più arricciato del nostro. Ma il senso non era diverso.
POLAROID – Il resto della grande domenica biancorossa è nella fotografia che sarà copertina di questa stagione, e promemoria di tutte quelle a venire. Perché i risultati, così come i ragionamenti, possono anche andare e venire. Ma le emozioni no, restano. Una A mastodontica e i suoi coloratissimi proprietari. Un’orgogliosa riserva di indiani, pitturati coi colori del pane e del vino, che mostrano lo scalpo. Titolo: La Storia è qui e siamo testimoni. Sottotitolo: Abbiamo contratto il virus della felicità e siamo contagiosi. Non so se siano esistiti altri periodi in cui raccontare in giro di essere carpigiani sia stato altrettanto entusiasmante. Né se la nostra comunità si sia mai identificata in qualcos’altro di ludico, come sta facendo con questa squadra. In tutti i modi, la grande conquista della stagione risiede qui, e non altrove: il Carpi adesso esiste ed è nel sangue del suo popolo. Comune, società ed enti preposti alla sicurezza ci pensino bene e trovino una soluzione. Buttare via un patrimonio simile, regalarlo al primo stadio che passa a raccattarlo, sarebbe davvero un peccato insopportabile. Passatemi la battuta: i catechisti ci obbligavano a confessarci per molto meno.
Enrico Gualtieri

 

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