E’ aperta al pubblico, fino al 17 maggio, la grande mostra Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice, ospitata nelle sale di Palazzo Fava, a Bologna. Curatore del percorso è il critico d’arte Vittorio Sgarbi, che abbiamo intervistato durante l’allestimento.
Come mai questo titolo, Da Cimabue a Morandi?
“E’ una mostra in cui tutto quello che è stato concepito a Bologna, da pittori bolognesi o da grandi pittori non bolognesi per le chiese e per i musei viene proposto in un lungo percorso che riprende il titolo della raccolta dei saggi di Roberto Longhi, grande critico d’arte del Novecento che insegnò a Bologna e fece una rivoluzione, stabilendo che non c’è soltanto la grande pittura fiorentina, o veneziana, ma anche quella bolognese. I suoi saggi furono raccolti in un libro intitolato Da Cimabue a Morandi e io ho ripreso quel titolo dedicandogli la mostra”.
Qual è il filo conduttore della mostra?
“Da un lato, la mostra è la consacrazione di un magistero, l’Università in cui io ho studiato e dove hanno insegnato i miei maestri, i quali hanno tutti sentito la potenza di quest’arte, della “Padanìa”, come era chiamata, in alternativa e in dialogo con Venezia e la Toscana. C’è alla base la grande civiltà bolognese e il percorso della mostra va dal primo dei pittori moderni, che è Cimabue, insieme a Giotto, poi si continua con il Rinascimento, con Raffaello. Una città fondamentale, per l’arte, che ha raccolto una quantità di capolavori assoluti. La mostra è un’antologia di questi capolavori, in un percorso senza precedenti, con 180 opere. Bologna è una città ricca di opere straordinarie, quasi più di Firenze, con maestri talvolta meno conosciuti (se non Botticelli, Perugino, Raffaello, si chiamano Gandolfi, Crespi, Creti…); c’è anche Hayez, grande pittore milanese dell’Ottocento, che manda un suo quadro qui, poi ci sono Raffaello, Giotto, Parmigianino, Guercino, Guido Reni, fino a Morandi, appunto”.
Come risponde a chi ha criticato il fatto di spostare a Palazzo Fava, per la mostra, opere che erano alla Pinacoteca e in altri musei cittadini?
“Alcune di queste opere erano raccolte nella Pinacoteca di Bologna: pur essendo importantissima non ha la forza e la storia che invece possiede il più importante palazzo di Bologna, che è Palazzo Fava, dove è allestita la mostra. Questo Palazzo era di una famiglia che aveva rapporti con tutti i più grandi pittori del Cinquecento e del Seicento. E’ l’epicentro della grande civiltà bolognese in quei secoli, ed è quindi il luogo dove Roberto Longhi ha consacrato la grandezza della pittura bolognese. Chi lo nega è ignorante come una capra”.
La Procura di Bologna ha aperto da alcuni giorni un’inchiesta conoscitiva sulla vendita all’asta della Vergine Orante di Annibale Carracci, dopo che Lei aveva sollevato il caso del capolavoro finito a New York, aprendo una polemica con lo storico dell’arte Daniele Benati, moralmente responsabile, a suo dire, del trasferimento all’estero dell’opera.
“Soltanto persone prive di buonsenso potevano riconoscere un capolavoro di Annibale Carracci e mandarlo a vendere a New York, senza farlo acquistare dall’Italia e da Bologna. Per Daniele Benati, in quanto professore di Storia dell’Arte, era un dovere morale, una volta scoperto sul mercato antiquariale un dipinto di Annibale Carracci, segnalarlo allo Stato o alla Fondazione Cassa di Risparmio; invece l’ha ignorato. E ciò mi ha fatto denunciare sul piano morale il comportamento di un professore nella cattedra di Longhi, cioè nella cattedra di colui che ha scoperto i Carracci, che lascia venderne all’estero un’opera: è una cosa indecente e inaccettabile”.
Ha presentato un esposto in Procura?
“No, la Procura ha agito senza che io presentassi un esposto, sulla base di quanto avevo comunicato e ha aperto un’indagine perché è un atto oggettivo che quel dipinto sia stato venduto e finito all’estero, quando sarebbe stato perfetto nel contesto di Palazzo Fava, a Bologna, insieme agli altri affreschi dei Carracci. L’opera di cui si parla è stata venduta prima a Vienna poi a New York. Lo studioso Daniele Benati, con cui avevo già innescato una polemica sulla questione inutile dello spostamento di un affresco di Raffaello dalla Pinacoteca a Palazzo Fava, non ha ritenuto di segnalare la vendita alla sua città”.
Quindi Lei, se verrà sentito in Procura, riporterà questi fatti?
“Non so nemmeno se mi chiameranno. Per me non c’è reato, esiste solo la responsabilità morale, quella penale è, eventualmente, di quelli che hanno esportato abusivamente il dipinto, senza segnalarlo a Bologna, ma potrebbero averlo segnalato in un’altra città e quindi aver avuto l’autorizzazione all’esportazione. I fatti andranno chiariti ma è quantomeno singolare che l’opera sia stata venduta tranquillamente, senza che lui la segnalasse: questo mi pare moralmente gravissimo, anche se fosse penalmente irrilevante”.
Laura Benatti