Quale futuro per il tessile?

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L’Osservatorio del settore tessile abbigliamento nel distretto di Carpi, promosso dal Comune e realizzato dall’Istituto di ricerca R&I s.r.l  si conferma uno strumento efficace e puntuale per l’analisi dei cambiamenti del distretto. Le indagini registrano le trasformazioni avvenute, lo sviluppo di nuove capacità di adattamento, il cambiamento nelle modalità produttive e, per le imprese di nuova generazione, le capacità creative e innovative nel realizzare i prodotti e nell’affrontare i mercati di sbocco.
In occasione della presentazione dei risultati dell’undicesimo osservatorio, il vicesindaco Simone Morelli ha sottolineato come “il tessile-abbigliamento sia un settore fondamentale per l’economia del distretto di Carpi,  poiché ne costituisce la specializzazione prevalente, con oltre la metà degli addetti al manifatturiero”. Il distretto ha dimostrato nel tempo una capacità di rinnovamento, determinata dal riposizionamento di una parte delle imprese su fasce di mercato a maggiore valore aggiunto, attraverso consistenti investimenti nella ricerca sul prodotto, nel marchio e nelle reti distributive. Contemporaneamente, un’altra parte del sistema produttivo ha risentito fortemente della crisi dei consumi interni e delle difficoltà di ampliamento dei mercati esteri di sbocco, subendo un processo di ridimensionamento e caduta dei livelli occupazionali. E’ dunque necessaria un’ulteriore accelerazione dei processi di riposizionamento e di innovazione e un potenziamento delle politiche a sostegno del distretto. Dopo il recupero avvenuto nel 2010 e 2011, il fatturato delle imprese finali del distretto diminuisce, raggiungendo nel 2013 uno dei livelli più bassi dall’inizio della crisi, solo di poco superiore a quello del 2009. Le previsioni 2014 indicano, invece, un recupero, con una crescita del +3,1%, che riporta il valore (1.446 milioni di euro a prezzi correnti) vicino ai livelli 2010, sebbene inferiore al picco massimo raggiunto nel 2008. La dinamica del fatturato del distretto è determinata da tendenze molto differenziate. Soltanto un nucleo molto ristretto di imprese finali riesce ad aumentare il proprio fatturato nel periodo 2010-2013 (il 18,6% del totale), e, in termini di valore, sono soltanto alcune imprese di maggiori dimensioni con marchi ad elevata visibilità a crescere significativamente, tanto da bilanciare la consistente diminuzione del fatturato avvenuta nelle altre imprese finali.
Durante la crisi si sono infatti aggravate alcune tendenze presenti da lungo tempo nel distretto, legate alla forte selezione delle imprese e alla caduta dei livelli occupazionali. “Le imprese più colpite – spiega Daniela Bigarelli di  R&I s.r.l  – sono quelle finali di piccole dimensioni che operano prevalentemente sul mercato interno e le imprese di subfornitura a queste legate. Il ridimensionamento della base produttiva ha raggiunto una soglia preoccupante che può determinare un impoverimento delle competenze tecniche essenziali per lo sviluppo della capacità creativa e di innovazione dei prodotti; e il permanere di livelli di produzione così bassi può pregiudicare la sopravvivenza di numerose imprese di subfornitura del distretto”. In questo contesto vi sono, tuttavia, tendenze positive che riguardano sia le imprese finali sia le imprese di subfornitura: “i progetti di crescita internazionale delle imprese con marchi e griffe del distretto a elevata visibilità, basati sull’espansione di reti di negozi monomarca, – prosegue Bigarelli – porteranno a un incremento della propensione esportatrice, mentre la crescita dimensionale di alcune di esse contribuirà, nel lungo periodo, alla formazione di competenze manageriali e gestionali nuove per il distretto. Anche fra le imprese finali di piccole dimensioni vi sono esperienze interessanti di imprese che, puntando sulla qualità del prodotto e una produzione 100% made in Italy, sono riuscite a crescere sui mercati esteri, pur non esprimendo appieno le proprie potenzialità in relazione alle difficoltà di promozione sui mercati internazionali. Fra le imprese di subfornitura, alcune sono riuscite ad ampliare il mercato di sbocco, lavorando per committenti esterni al distretto, sia italiani che esteri, offrendo la fornitura di un servizio completo e puntando su prodotti di qualità elevata 100% made in Italy”. Ma come far fronte alle sfide che un mercato globalizzato impone con sempre più urgenza, soprattutto per le piccole e piccolissime imprese del nostro tessuto imprenditoriale?
“Le forme di aggregazione possono rappresentare uno strumento utile per superare i limiti della piccola dimensione aziendale, ma assumono rilevanza anche le azioni di sistema in grado di sostenere la promozione delle imprese sui mercati esteri e la tutela del made in Italy. Le piccole imprese del distretto chiedono, infatti, un sostegno nella ricerca di nuovi mercati esteri di sbocco, nella promozione della filiera che produce prodotti italiani di qualità e nella formazione di competenze che alimentino la capacità creativa e di innovazione del prodotto e rafforzino le competenze, ritenute deboli, nell’ambito commerciale/marketing”, conclude Daniela Bigarelli.
I rischi di un ulteriore ridimensionamento del sistema produttivo locale rimangono, tuttavia, elevati e il distretto di Carpi si trova di fronte a una sfida molto difficile, determinata da un paradosso. Le imprese finali di maggiori dimensioni che hanno le migliori prospettive di crescita sui mercati internazionali hanno un impatto limitato sul sistema produttivo locale, affidando la produzione prevalentemente a fornitori esteri, mentre le imprese più piccole che realizzano un vero made in Italy, affidando alla subfornitura locale la produzione dei propri prodotti, hanno dimensioni d’impresa e una fragilità commerciale che ne limita la crescita sui mercati internazionali. Come valorizzare i prodotti made in Italy e le competenze tecnico-creative presenti nel sistema produttivo locale e come aumentare la propensione esportatrice delle piccole imprese, rimangono i principali nervi scoperti del distretto, se si ha a cuore il mantenimento della manifattura e della maggior parte dell’occupazione locale.
J.B.
 

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