Il coraggio degli scrittori

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“E’ il coraggio che fa uno scrittore. Sono convinta che chi scrive non debba mai legarsi a un genere, non debba temere il giudizio dei propri lettori. Ho dovuto scrivere il mio primo romanzo perché altrimenti la mia vita sarebbe stata mutilata: l’ho fatto per me, senza pensare se sarei stata pubblicata. Poi i lettori sono arrivati: un dono prezioso”. Parla così la scrittrice Melania Mazzucco. Con grazia e leggerezza racconta di come ogni suo romanzo, costituisca “un nuovo inizio. Sono una giocatrice d’azzardo – sorride – ogni volta amo rischiare tutto. Ricominciare. Sentirmi al mio primo libro”. Per la Mazzucco la letteratura ha un ruolo preciso, profetico quasi: “trovare le chiavi per comprendere l’essere umano, aldilà del presente, del contesto. Parole che non evaporino subito, ma lascino sensazioni, personaggi, emozioni. Un romanzo deve guardare là, dove solitamente nessuno guarda. La letteratura deve arrivare prima, fare da apripista, raccontare ciò di cui non si parla o ciò di cui si accenna soltanto sottovoce”. Uno scrittore deve “avere il coraggio di raccontarsi, raccontando gli altri. Non tirandosi indietro di fronte alle sfide, alle difficoltà. Agli ostacoli. Senza formule”. Libri che maturano e nascono con lentezza, perché, “ciascun personaggio creato, vive e si muove in un contesto preciso e anche se nel romanzo non vi sarà spazio per raccontare tutte le storie che incrocia, è necessario immaginarle. Conoscerle. Solo in questo modo si può dare densità e verosimiglianza ai personaggi”.  Melania Mazzucco non risparmia poi una stoccata al mondo dell’editoria: “oggi molti giovani esordienti vengono gettati nell’arena giovanissimi. Il rischio è quello di bruciarli. A vent’anni si rimane spesso prigionieri di una scrittura ragazzina. Ci vuole tempo per maturare, conoscersi. Solo così non si viene triturati dal meccanismo. Io di certo non sarei mai in grado di scrivere su commissione”. L’ultimo libro della Mazzucco, Sei come sei,  è stato al centro di numerose polemiche ma lei è lapidaria: “da giovani ci si pone le grandi domande poi, a volte, la vita ci ferisce e spegne quelle passioni, quella curiosità. I libri, spesso per primi, offrono risposte ai nostri interrogativi. Ci fanno conoscere madri, padri, sorelle… una tribù nuova. Ogni libro che ho scritto può essere letto dai ragazzi, compreso Sei come sei”, nel quale due uomini che si amano vogliono diventare padri. Un elogio alle radici dell’amore, agli affetti famigliari. Giose è un ex cantante punk-rock. A volte gira con un cappello da pescatore, il giubbotto attillato di pelle bordeaux, la sciarpa di seta scarlatta che gli svolazza intorno al collo, e in mezzo alle madri trafelate, alle nonne e alle dimesse baby-sitter dei compagni di Eva, spicca come un papavero sul prato. Quando muore Christian – il suo compagno, il padre naturale di Eva – Giose viene dichiarato dal Tribunale dei Minori un tutore inadeguato. Eppure è stato proprio lui, contemplando il San Giuseppe con Gesù di Francisco de Herrera the Elder a riconoscere in se stesso il desiderio della paternità. Davanti a quel Giuseppe ancora giovane, con i capelli lunghi e la barba scura, e al figlio, riccioluto e biondo. Un bambino che non gli somiglia per il semplice fatto che non è suo figlio, ma che Giuseppe tiene in braccio come se lo fosse, con tutta la dolcezza e l’urgenza che solo un genitore può provare.  Sei come sei mette in scena la vocazione alla genitorialità riconducendola all’essenziale, riconnettendola all’essenza e sganciandola dalla forma. Dai corpi. Perché l’amore è “soltanto” questo. Ne più né meno.  “A me interessa indagare il cambiamento. Scrivere un romanzo è fare esperienza del mondo. E del nuovo. Interrogarci – conclude la scrittrice – è fondamentale per comprendere ciò che ci circonda. Non amo i compromessi, voglio andare oltre. Anche l’estremo è lecito se ci aiuta a guardare negli occhi la realtà. Cosa tiene insieme delle persone che non condividono i medesimi legami di sangue? Oggi i confini dell’amore e della cura si sono spostati. Ampliati. La famiglia normalmente intesa non esiste più. Ed è una realtà con la quale ciascuno deve confrontarsi. Con coraggio e senza pregiudizi”.
Jessica Bianchi
 

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