Lo sguardo ha un carattere rapace. Potente. Solo colui che può guardare senza esser visto può detenere il vero potere. E’ da questa tesi che ha preso il via la lezione del professor Umberto Curi, ordinario di Storia della filosofia moderna e contemporanea e professore incaricato di Filosofia della scienza presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova. Ripercorrendo i miti del mondo antico, dal lupo, incarnazione della ferocia, il cui sguardo era in grado di togliere all’uomo l’unica cosa che lo contraddistingue dagli animali, ovvero il logos (la parola), all’anello dell’invisibilità di Gige il quale gli permise di uccidere il re della Lidia e di prenderne il posto, passando per la Medusa, il cui sguardo era in grado di pietrificare ogni forma di vita, Curi approda ai giorni nostri, teorizzando la fine della democrazia. “Il mondo mostruoso, autarchico e dispotico descritto da Orwell nel suo 1984, era un luogo nel quale tutti erano costantemente sorvegliati da un’entità – il Big Brother – sconosciuta, il cui potere era totale”. La democrazia, secondo Curi, è l’antitesi di quello scenario: “nell’attuale sistema politico, le procedure del potere sono svelate ai cittadini così come la privacy di questi ultimi è tutelata, inviolabile. La trasparenza che fonda e regola la democrazia la rende fragile. Se la democrazia è il governo pubblico in pubblico, allora essa è impotente. Inefficace, poiché l’esercizio del potere, i miti ce lo insegnano, è connesso con l’invisibilità delle procedure”. Curi va oltre: “quanto più lavoriamo per estendere i meccanismi della decisione politica più la depotenziamo”. La nostra, è una politica paralizzata, e i veri “centri di potere, più o meno occulti – prosegue il professore – sono altrove, al di fuori della sfera politica”. Non fa sconti Umberto Curi quando afferma, legittimamente, che “il tempo delle democrazie è finito”. Non è vero infatti che questo è il tempo della tecnica e che i veri centri decisionali si fondano su di essa? In un mondo dominato dalla Rete, dove siamo tutti esposti, è certamente la tecnica, il moderno anello platoniano di Gige. Tesi alquanto perturbante, giusto per disturbare Freud.
J.B.