A lungo marcata da uno spirito aristocratico-signorile e legata all’attribuzione di precedenza e privilegio, nel passaggio alle società democratico-egualitarie la gloria è divenuta opaca o obsoleta, lasciando il passo a qualità e diritti universalizzanti e “orizzontali”, ma lasciando anche insaturo il campo della virtù e del merito individuale. La pervasiva “società dello spettacolo” pare infatti distribuire a ciascuno la gloria solo in forma illusoria e degradata, impoverendo l’esperienza e fragilizzando le identità individuali, cui la sfera politica e sociale non offre altre occasioni di “vita migliore”. In tempi rapidissimi sembra essersi instaurato un regime dell’apparenza e della visibilità che morde anche la sfera del potere, erodendo i tradizionali meccanismi del consenso ed esponendo le democrazie a crescenti fenomeni di leaderizzazione e populismo.
Il lavoro dell’edizione 2014 del Festival Filosofia si prefigge di contribuire a colmare il divario tra la velocità di tale cambiamento e le risorse concettuali e simboliche a disposizioni dei singoli, convocando le più influenti posizioni concettuali e avendo di mira soprattutto le trasformazioni profonde di cui la gloria è stata investita nel passaggio alle moderne società democratiche, egualitarie e “consensuali”.
Strutturato per gruppi di questioni, il programma filosofico che si snoderà dal 12 al 14 settembre, tra Carpi, Modena e Sassuolo, porterà pertanto in primo piano un lessico concettuale a più voci dove si confronteranno prospettive filosofiche plurali e anche divergenti.
Luci
La prima pista di lavoro intende mettere in rilievo il carattere rilucente delle manifestazioni di gloria, connesso, come mostrerà Remo Bodei, Presidente del Comitato scientifico del Consorzio per il festivalfilosofia, al potere attrattivo della luce, al contempo condizione di visibilità e meta di ogni desiderio di elevazione. Piero Coda ne ricostruirà viceversa la versione teologica, incentrata sul fulgore della gloria divina nell’alto dei cieli e sul suo intreccio con la carica di liberazione che essa riveste per la condizione umana. Alla “luccicanza” dell’ornamento, e alle implicazioni antropologiche e morali di questo aspetto della vita sensibile, sarà dedicata la lezione di Emanuele Coccia, mentre Eugenio Coccia e Alba Formicola, in un dibattito moderato da Marco Cattaneo e in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, discuteranno di come raggi cosmici e particelle di materia oscura siano messaggeri degli eventi più luminosi che avvengono nell’universo.
Vite spettacolari
Il secondo nucleo di questioni, dedicato alle “vite spettacolari”, incrocerà le più affilate riflessioni sul tema recente della celebrità, con quello cruciale della visibilità. Se da un lato Remo Bodei discuterà il nuovo statuto di durata e resilienza dei fenomeni di celebrità, dall’altro Nathalie Heinich mostrerà come la visibilità mediatica costituisca un capitale sociale fondato su una dissimmetria strutturale degli sguardi, che instaura così un nuovo rapporto tra eccellenza e merito. Il desiderio di essere visti che caratterizza tali fenomeni segnala inoltre, come noterà Gernot Böhme, l’affermarsi di un nuovo tipo di valore, quello di “messa in scena di sé”, tipico del mercato tardo-capitalistico delle immagini, in cui a essere esposti sono gli stili di vita. Il carattere rapace dello sguardo, che fa del vedere una forma di dominio, sarà viceversa discusso da Umberto Curi. L’indagine ravvicinata sui processi di costruzione delle celebrità indicherà, nella proposta di Zygmunt Bauman, come lo star system contemporaneo si avvalga di operatori e si rivolga a destinatari che incarnano le forme di consumo tipiche dell’epoca della modernità liquida. Un caso specifico è quello delle celebrità sportive oggetto della lezione di Ellis Cashmore, che mostrerà la loro inclusione in un circuito di “show business” che ridefinisce il rapporto tra prodezza atletica e riconoscimento sociale. In contrasto con i modelli correnti della celebrità, Jean-Luc Nancy mostrerà che l’adorazione non costituisce la venerazione feticistica e consumistica degli idoli del momento, ma si esprime nella gioiosa accoglienza del fortuito di cui sono intessuti il mondo e l’esistenza. La costruzione di modelli gloriosi ed esemplari di vita è evidente in una seria di figure che declinano a vario titolo il lessico della gloria. La parola omerica che tramanda le gesta di Achille resta paragone essenziale nella costruzione della fama: sarà Alessandro Baricco (in una “Lectio Rotary”) a farla risuonare in un lavoro sul testo che alternerà riflessione e lettura, commento, riscrittura e montaggio. Sempre alle gesta belliche e ai contesti culturali che istituiscono il confine tra coraggio e valore nelle azioni degli eroi di guerra sarà dedicata la lezione di Fabio Mini, mentre Daniele Giglioli, prendendo il tema della gloria per così dire a rovescio, mostrerà come oggi siano le vittime, con la forma cava della loro esistenza, a fornire un’immagine compiuta della pienezza cui gli uomini aspirano. La traccia del modello eroico si può seguire anche nel contesto domestico, dove le trasformazioni della figura paterna, come indicherà Massimo Recalcati, ne ridefiniscono l’autorità immettendo a un nuovo tipo di rapporto tra padri e figli. Speciale è in questa chiave l’esperienza di Friedrich Nietzsche, per alcuni aspetti il più celebre dei filosofi, raggiunto dalla fama ed eretto a modello nel momento in cui, come mostrerà Maurizio Ferraris, la sua traiettoria esistenziale entrava nel cono d’ombra della follia. Figura a parte, perché anti-modello, sono gli uomini d’onore di cui parlerà Marino Niola, attori di una società le cui motivazioni e rituali collidono radicalmente con i princìpi della società civile.
Trasformazioni dell’ambizione
Il terzo nucleo di questioni condenserà le prospettive che si interrogano sulle trasformazioni contemporanee del grande tema classico e moderno dell’aspirazione alla gloria quale motore potente – e ambivalente – dei destini individuali e collettivi. Tra i nomi assegnati dalla cultura a questo motore spicca la “vanagloria”, di cui Umberto Galimberti traccerà da una parte il carattere relazionale, connesso col tema del riconoscimento, mettendone in risalto dall’altra la radice riflessiva nella stima di sé. In un differente registro semantico l’accento cade su “orgoglio”, inteso come affermazione ed espansione dell’io, di cui Laura Bazzicalupo mostrerà la configurazione contemporanea, da cui sembrano essere scomparsi i tratti “eroici” di cui essa era rivestita in passato. Uscendo per così dire dai confini dell’io Salvatore Natoli si intratterrà sul tema della lode, là dove la gloria meritata si appaia alla gloria che viene resa. Alla dialettica tra passione per la distinzione e ricerca di riconoscimento è dedicato l’intervento di Barbara Carnevali, che partendo dalla questione del prestigio mostrerà come la condizione sociale si esprima sempre nello statuto dell’apparenza. Spingendo l’analisi nel cuore della contemporaneità, Michela Marzano si soffermerà sul modo in cui tutti si può essere protagonisti della propria vita, costruendo e chiedendo riconoscimento per la propria singolarità, in controtendenza con i meccanismi di anonimato e intercambiabilità che sembrano dominare l’epoca.
La riabilitazione dell’onore
Contiguo alla gloria, e parimenti ambivalente, il campo dell’onore pare oggi attraversato da molteplici strategie teoriche che ne promuovono profonde revisioni. Perno del discorso contemporaneo sull’onore e indicatore della sua trasformazione è il concetto di “rispetto” di cui si occuperà Roberta de Monticelli, sottolineando come esso valga quale principio di attenzione verso tutte le persone, dunque come riabilitazione della dignità di ognuno senza diseguaglianze morali e gerarchiche. Suo gemello è il concetto di “dignità”, corredo inviolabile di ogni persona, attraverso il quale Gustavo Zagrebelsky mostrerà il contenuto morale dei diritti fondamentali.
Il rovescio di questi princìpi si rende visibili nel sentimento di vergogna, soprattutto nella versione corrente all’interno della società dello spettacolo, dove, come argomenterà Gabriella Turnaturi, essa sembra imperniarsi sul riconoscimento della propria incapacità di corrispondere alle aspettative di successo. All’onore come vero e proprio principio organizzatore di una compiuta democrazia moderna è dedicato l’intervento di Francesca Rigotti, che farà da questo punto di vista il paio con la lezione di Javier Gomà, imperniata sulla necessità di ricostituire paradigmi di esemplarità della condotta pubblica e privata. Sulla linea di confine tra privato e società, ossia nel contesto della famiglia, il comandamento di onorare il padre e la madre richiede, secondo Chiara Saraceno, un ripensamento che lo declini non a partire dal ruolo e dal potere, ma in base al merito educativo e relazionale. La questione del valore nell’attribuzione di onore immette nella discussione sullo statuto della reputazione, di cui Gloria Origgi traccerà la valenza epistemologica, indicando come i sistemi di reputazione siano indispensabili per ricavare da qualsiasi corpus di sapere informazioni adeguatamente valutate. Milad Doueihi ne discuterà criticamente il significato all’interno della cultura digitale, caratterizzata da nuovi criteri di pertinenza e di persuasione sociale che incentrano i sistemi di raccomandazione sulle nozioni di misurabilità, dunque di automatismo, e “vicinanza”.
Le democrazie alla prova della gloria
La quinta pista di lavoro attraversa le trasformazioni subite dal rapporto tra potere e consenso. Lo scenario filosofico, tratteggiato da Roberto Esposito, è dominato dalla permanenza di un dispositivo teologico-politico, riproposto anche dall’attuale primato dell’economia, che determina un rapporto tra autorità e potere di cui è tuttavia possibile pensare un superamento. I destini dell’ordine simbolico del potere si situano anche su un altro piano, ricostruito da Giacomo Marramao, che mostrerà come sia decisivo distinguere il potere dai potenti, i limiti del suo esercizio dall’abuso, ricostruendo i nessi che connettono le attuali trasformazioni del potere alle sue lontane radici simboliche. E a una politica in cerca di nuova legittimazione e di meritata gloria è dedicato l’intervento di Carlo Galli, che farà il punto sulle élite contemporanee e sul loro valore. Ai nuovi orizzonti del consenso, in un processo di legittimazione non riducibile al populismo, sono dedicati gli interventi di Geminello Preterossi, ruotante attorno a un possibile nuovo significato costituzionale per l’idea di “egemonia”, e di Miguel Abensour, che recuperando l’antica questione della “servitù volontaria” focalizzerà un’idea critica di democrazia. Sul piano dello status e dell’accesso ai beni, i processi di democratizzazione e le nuove forme dell’elitizzazione si riflettono in un cambiamento nei beni di lusso, non più vettore di emulazione e ascesa sociale, come sosterrà Alessandro Casiccia, ma indicatore della crescente diseguaglianza tra ultraricchi e ultrapoveri. Un potere invisibile ma cruciale è infine secondo Carlo Sini quello della cultura, che mediante il linguaggio, fissando i confini del dicibile, istituisce le condizioni della glorificazione in modo prioritario rispetto agli stessi meccanismi della visibilità.
Impronte di gloria
Alimentata dalla volontà di imprimere un segno tangibile di sé e delle proprie imprese, la gloria si è oggettivata in una molteplicità di tracce visibili la cui posta in gioco è la conquista del tempo. Non meno che l’eterno è l’orizzonte in cui Emanuele Severino colloca il destino dell’uomo e la gloria che lo attende. Enzo Bianchi si soffermerà sullo “spettacolo” della Passione di Cristo nel suo rapporto inscindibile con l’evento della Resurrezione quale è testimoniato soprattutto dal Vangelo di Giovanni. Anche la gloria letteraria, sosterrà Marc Augé, membro del Comitato scientifico del festival, si inserisce nel tempo e come quella politica o militare si misura solo nello sguardo della posterità, benché nel mondo contemporaneo prevalga una celebrità istantanea. A queste impronte se ne aggiungono di più materiali e concrete, perché le politiche di distinzione si scorgono anche nei manufatti urbani, là dove le città si segmentano in quartieri, alti e bassi, che riflettono una differenziazione sociale, come mostrerà Bernardo Secchi. Nell’epoca contemporanea ciascuno può viceversa erigere un monumento a se stesso, nella peculiare combinazione di rispecchiamento e condivisione che caratterizza il selfie, la traccia fotografica di sé che si lascia sui social media per affermare la propria identità digitale: ne parlerà Vanni Codeluppi.
La lezione dei Classici
Completerà il programma filosofico la sezione Lezione dei classici, secondo la formula sperimentata con successo a partire dal 2009: grandi interpreti del pensiero filosofico discutono le opere che hanno maggiormente segnato la riflessione sul tema della gloria. La questione del thymos nella Repubblica di Platone, intesa come forma originaria dell’aspirazione alla grandezza e all’elevatezza, verrà commentata da Mario Vegetti, che ne mostrerà anche la connessione con la teoria dell’immortalità dell’anima. Enrico Berti, in una lezione dedicata all’Etica Nicomachea di Aristotele, ricostruirà viceversa la dottrina della magnanimità (megalopsychia), mentre sempre lungo la linea delle qualità morali necessarie alla gloria Carla Casagrande si soffermerà sulla teoria dell’onore nella Summa teologica di Tommaso d’Aquino. In contesto moderno, Carlo Varotti affronterà un autore chiave rispetto al tema, ossia Francesco Guicciardini, che nel suo Dialogo del reggimento di Firenze ha discusso le conseguenze dell’ambizione sulla stabilità degli ordini politici. Michelangelo Bovero, invece, ricostruirà il complesso rapporto tra gloria e vanagloria negli Elementi di legge naturale e politica di Thomas Hobbes, intesi come motore dell’azione e come nucleo passionale del potere politico. Sarà Remo Bodei, in un’analisi della Fenomenologia dello spirito di Hegel, a discutere la questione del riconoscimento, di cui quest’opera costituisce il punto di partenza teorico. Venendo al Novecento, Francesco Tuccari riprenderà la teoria del potere carismatico e l’analisi della leadership politica elaborata da Max Weber in Economia e società, mentre Giuseppe Ruggieri mostrerà la connotazione estetica della teologia della Gloria di Hans Urs von Balthasar. Un outsider di lusso come Alessandro Bergonzoni trascinerà infine il pubblico “all’ombra della gloria del palmo di mano”, in una vorticosa scalata di giochi linguistici e associazioni concettuali.