Mafia: le colpe della politica

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“Ho vissuto con profondissimo disagio la rappresentazione della donna che è stata fatta negli ultimi vent’anni, poiché ci ha riportati indietro a tempi ancor più volgari di quelli della mia giovinezza. Anche per questo, nel mio libro, ho voluto raccontare 58 figure femminili che, al contrario, contribuiscono a fare più bello il nostro Paese”. Queste le prime parole di Nando Dalla Chiesa, sociologo, presidente onorario di Libera e figlio del generale ucciso dalla mafia a Palermo, in occasione della presentazione del suo libro I fiori dell’oleandro, tenutasi giovedì scorso presso l’Auditorium Loria, alla presenza di un pubblico numeroso. A intervistarlo il giornalista Pierluigi Senatore, nell’ambito della rassegna Ne vale la pena, manifestazione a cura dell’Assessorato alle Politiche culturali del Comune di Carpi, con la collaborazione di Radio Bruno, Cna, Anioc, Rock no War e Libreria Mondadori, con il patrocinio della Fondazione Crc e della Fondazione Casa del Volontariato. Dalla Chiesa, tra i maggiori esperti italiani in materia di criminalità organizzata, ha sottolineato il ruolo di primo piano che le donne svolgono nel movimento antimafia: “queste grandi donne sono rimaste spesso in ombra, in un movimento raccontato soprattutto al maschile. Ma si tratta di figure coraggiose, che hanno lottato pagando spesso un altissimo prezzo di solitudine e isolamento. Donne che hanno combattuto le proprie battaglie portando il lutto, come la madre di Peppino Impastato, i cui paramenti sono diventati un simbolo di ribellione al sistema omertoso”. Ma gli esempi sono tanti: “sono le donne ad aver fatto le denunce più importanti sulla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia. Nel mio libro ho voluto però raccontare anche la gentilezza di chi si limita a fare il proprio mestiere e a lottare per i propri diritti. Così, tra le varie figure, ci sono anche quelle di tre mie studentesse, una delle quali faceva la barista per pagarsi gli studi e, per arrivare a Milano da Trento in tempo per le lezioni, si alzava alle 5 del mattino”. Uno sforzo per un’Italia più bella, quello delle donne raccontate da Dalla Chiesa, che non è, a detta del presidente onorario di Libera, condiviso dalla politica. “Non c’è consapevolezza del rischio mafioso nella parte sana e onesta della politica, tralasciando naturalmente quella collusa. Sono stati fatti dei passi avanti ma, in questo Paese, alla politica, della lotta alla mafia, non importa nulla. A volte mi chiedo se ai nostri governanti importi davvero qualcosa di qualsivoglia argomento, a parte le questioni legate al potere e alla sua conservazione”. Questo, in un’Italia nella quale il tarlo della corruzione, con i suoi 60 miliardi di euro sottratti ogni anno all’economia sana, pesa come un macigno: “ho calcolato che, solo con una tangente della vicenda che ha coinvolto la Fondazione Maugeri, si potrebbero pagare 2.000 assegni di ricerca. Se i politici perdessero il sonno per questo, allora di persone come Raffaele Cantone (presidente, dal marzo 2014, dell’Autorità Nazionale anticorruzione) ne verrebbero nominate cinquanta. Invece, chi potrebbe combattere efficacemente questa piaga raramente viene nominato nei posti chiave oppure, come nel caso di Cantone, lo si sceglie per avere un nome illustre con il quale calmare l’opinione pubblica, ma poi si esita a dargli poteri concreti”. Purtroppo, aggiunge Dalla Chiesa, oltre a non essere interessata, la politica non conosce a fondo la problematica: “chi, per anni, ha negato che le mafie fossero presenti anche al Nord? Meglio far finta di nulla, per non allarmare la popolazione. Così, se il nemico non c’è, nessuno lo combatte e, se nessuno lo combatte, lui fa ciò che vuole. La forza delle mafie risiede nel patrimonio di relazioni sociali tessute: se non si capisce questo non si riuscirà mai a combatterle efficacemente”. Prossimo appuntamento con la rassegna Ne vale la pena, lunedì 21 luglio in Piazza Garibaldi, insieme allo scrittore bolognese Gianluca Morozzi.
Marcello Marchesini
 

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