La ricerca condotta lo scorso anno dal Ministero della Salute parla forte e chiaro: nel nostro Paese gli aborti continuano a diminuire mentre, a crescere in modo esponenziale (+17,3% in 30 anni) è il numero dei medici obiettori.
In alcune realtà del nostro Paese, lo squilibrio tra medici obiettori e non, a favore dei primi, è tale da introdurre forti criticità, compromettendo il diritto di scelta delle donne sancito dallo stesso legislatore (legge 194 del 1978). Secondo il Comitato Europeo per i diritti sociali, l’obiezione di coscienza, che in Italia raggiunge il 70% di media con punte del 90% nei singoli ospedali, mette a repentaglio la vita della donna e viola il diritto alla salute e all’accesso a cure terapeutiche previsto e garantito dalla Costituzione italiana.
E a Carpi, qual è la situazione? Il principio dell’obiezione di coscienza “sorpassa” forse quello dei diritti?
Lo scorso anno, in città, sono state praticate 182 interruzioni volontarie di gravidanza (una media di 1 aborto ogni due giorni). Ad abortire non solo carpigiane, ma anche donne provenienti da altri distretti sanitari e province. Nel Reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Carpi, struttura pubblica che deve garantire il percorso relativo all’applicazione della Legge 194, gli obiettori sono 9 (il 64%) a fronte di un totale di 14 medici. Ciò significa che ciascuno dei 5 medici non obiettori, lo scorso anno, ha effettuato circa 36 interruzioni volontarie di gravidanza. In città l’autodeterminazione delle donne è salvaguardata: un diritto sacrosanto che, nel nostro Paese, è ancora, talvolta, compromesso.
Jessica Bianchi