La sclerosi multipla colpisce il sistema nervoso centrale. Può esordire a ogni età della vita ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, colpite in numero doppio rispetto agli uomini. Le cause sono ancora sconosciute, ma questa malattia è affare di circa 70mila persone in Italia. E oscillano tra i 100 e i 150 i malati dell’Area Nord. Per saperne di più ci siamo rivolti al dottor Gabriele Greco, primario del Reparto di Neurologia dell’Ospedale Ramazzini di Carpi e al dottor Mario Santangelo, referente dell’Ambulatorio dedicato a pazienti affetti da Sclerosi Multipla.
Cos’è la sclerosi multipla?
“La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica demielinizzante, a patogenesi autoimmune, che colpisce il sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale). La grande variabilità dei sintomi che la caratterizzano è la conseguenza di un processo di degenerazione della mielina la quale costituisce la guaina che riveste parte del corpo dei neuroni, permettendo la trasmissione rapida e integra degli impulsi nervosi”.
Quale il target di persone più colpito?
“Nella maggior parte dei casi colpisce giovani adulti: l’esordio infatti, avviene generalmente tra i 20 e i 40 anni”.
Come si manifesta?
“Attraverso segni neurologici variabili a seconda della regione del sistema nervoso centrale colpita: il decorso della malattia nelle forme tipiche è caratterizzato da una prima fase a ricadute con recupero totale o parziale del deficit neurologico, seguita da una seconda fase caratterizzata da un’evoluzione progressiva dei disturbi. In altre persone la malattia presenta un immediato decorso progressivo sin dall’esordio. Un dato è comunque da segnalare: nel 20% dei casi, la malattia ha un decorso benigno e i pazienti non sviluppano disabilità per tutta la vita. L’estrema variabilità del quadro clinico non consente di prevedere le conseguenze della patologia a lungo termine sull’autonomia e sulla qualità della vita delle persone malate. Esistono comunque degli indici prognostici dopo l’esordio e, dopo i primi anni di malattia, un tasso di ricadute basso – o nullo – migliora la prognosi: in questo ci vengono in soccorso gli attuali farmaci (immunomodulanti, immunosoppressori e anticorpi monoclonali)”.
E’ vero che colpisce maggiormente la donne? Se sì perchè?
“Come tutte le malattie autoimmuni, anche la sclerosi multipla è più frequente nelle donne, con un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini ma non se ne conosce la causa”.
Quanti sono i malati che avete in carico?
“Seguiamo circa 180 pazienti, provenienti prevalentemente dall’Area Nord, quindi Carpi e Mirandola”.
Qual è il tasso di incidenza della malattia?
“In Italia si stimano circa 70mila malati: l’incidenza è di 2/4 ogni 100mila abitanti ogni anno”.
Avete assistito a un trend di crescita nel tempo?
“Sì, aumento imputabile soprattutto a una maggiore accuratezza diagnostica, legata anche all’avvento della risonanza magnetica, e all’aumentata aspettativa di vita. Diagnosi che, lo ricordiamo, spetta a un medico neurologo mentre la presa in carico del paziente è multidisciplinare”.
Qual è l’approccio terapico alla malattia?
“Nella fase acuta vengono somministrati dei cortisonici per far regredire i sintomi. In un secondo momento a ciascun paziente viene prescritto un trattamento personalizzato con l’obiettivo di prevenire o ritardare il più possibile la progressione della malattia e la comparsa delle ricadute, attraverso farmaci immunomodulanti (Interferone), immuno-soppressori (Mitoxantrone) e farmaci biologici di nuova introduzione (Tysabri). La terapia diventa una sorta di abito cucito addosso al paziente. In tempi brevi poi, altri tre farmaci, ora in fase di studio, dovrebbero essere immessi sul mercato”.
L’impiego delle cellule staminali ematopoietiche rappresenta una fonte di speranza per questi malati?
“Sì: ricordiamo però, che anche se l’attività di ricerca ferve, e l’Italia è all’avanguardia, questa attualmente non è ancora una strada praticabile. Di conseguenza, ogni viaggio della speranza – verso la Cina o i Paesi dell’Est – non solo è inutile e costoso, ma rappresenta un rischio per la salute dei pazienti. Sono in corso studi con le cellule staminali mesenchimali nei pazienti affetti da sclerosi multipla mentre per le staminali neurali sono in corso studi non ancora testati sull’uomo per valutare un loro impiego sicuro ed efficace.”.
Due parole sul tanto discusso Metodo Zamboni: la sclerosi multipla è davvero associata a un’insufficienza venosa cronica cerebrospinale?
“L’incidenza della stenosi venosa cronica nella sclerosi multipla, secondo uno studio scientifico recente, è pari al 3%. La correlazione è quindi assolutamente casuale. E’ in corso anche uno studio multicentrico condotto dallo stesso professor Zamboni e finanziato anche dalla Regione Emilia Romagna con lo scopo di valutare l’efficacia dell’intervento”.
Jessica Bianchi