Notti da incubo alla Deco

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“Quel che mi fa più male e mi amareggia maggiormente è dover procedere con sette licenziamenti”. Parla così il carpigiano Nino Grasso, figlio d’arte di una famiglia di tessitori, nonché titolare di Deco Maglierie a Limidi. La sua, è una storia dal sapore amaro, tutta italiana. Sotto accusa il rumore prodotto, secondo una vicina, dall’impresa: “d’un tratto, lo scorso 5 agosto – racconta – mi sono visto recapitare un’ordinanza firmata dal sindaco di Soliera, Giuseppe Schena, che ha disposto lo stop al lavoro notturno, dalle 22 alle 6. Mi è stato impossibile fermarmi immediatamente: avevo scadenze e consegne programmate. In un momento economico come questo e durante un mese di grande carico per noi tessitori, non potevo certo rischiare di perdere clienti e contatti e così ho deciso di evadere gli ordini. I Vigili Urbani ci hanno letteralmente massacrati: abbiamo infatti ricevuto sanzioni per 16mila euro di cui due multe in settembre, quando lo stabilimento produttivo non era in funzione”. Nino Grasso, dal 30 agosto, pur ottemperando al diktat dell’ordinanza, non è certo rimasto con le mani in mano: “ho fatto ricorso al Tar di Bologna per richiedere una sospensiva dell’ordinanza. Speravo mi dessero una deroga mentre procedevo con la bonifica dello stabile ma non c’è stato nulla da fare. Il tribunale ha respinto la mia richiesta poichè, a suo parere, la chiusura notturna non costituisce un danno irreparabile all’impresa”. In realtà le cose non sono così semplici:  “ridurre le ore di produzione significa contrarre gli ordini. Ciò comporta un carico di lavoro inferiore e un calo degli introiti. In azienda siamo in 18 e sono 10 i preziosi contoterzisti che lavorano per noi. Persone altamente specializzate che oggi non riesco più a occupare come un tempo. Stoppare il lavoro notturno comporta un notevole danno: significa tagliare posti di lavoro. Altro che irreparabile: è un disastro! Oggi galleggiamo sul mercato, chi mi dice che non ne sarò estromesso a furia di rifiutare del lavoro?”, prosegue Nino Grasso. La vicenda è complessa, tanto quanto la burocrazia e le lungaggini che l’imprenditore ha dovuto affrontare. Insediatosi in centro a Limidi nel 2004, Grasso nel 2009 sistema lo stabile affinché possa rispondere a tutte le norme di legge, dall’impiantistica alla sicurezza sul lavoro: “in tre anni abbiamo speso circa 200mila euro. Nessuno però mi aveva parlato di impatto acustico e, quindi, quando nel 2012, su sollecitazione di un residente, l’Ufficio Ambiente del Comune di Soliera ci ha chiesto di procedere con alcune misurazione del suono, abbiamo ricevuto una vera e propria doccia fredda. Ci siamo così rivolti a un’azienda certificata ed esperta in materia di rumore per fare il nostro dovere ma è iniziato un calvario”. Lo stabile – che è a ridosso della Carpi- Ravarino, arteria stradale dal traffico intenso – secondo la zonizzazione del Comune di Soliera doveva essere spezzato in due: una parte del capannone doveva rientrare in classe II e l’altra in classe III. Una situazione grottesca che nessuno pareva poter dirimere. I nostri tecnici poi, d’accordo con quelli del Comune, hanno optato per la classe III per tutto lo stabile. Da marzo a giugno 2013, dopo studi, misurazioni, prove e installazione di silenziatori davanti alle ventole, decido di tener duro e andare avanti”. Gli obiettivi richiesti dal Comune cioè quello di rientrare nella classe III, erano stati raggiunti dopo gli interventi costosissimi di bonifica acustica apportati allo stabilimento. Aspettavamo solo il benestare dell’organo preposto al controllo. A luglio, arriva Arpa che “rileva un conflitto di classi e ci impone limiti ancor più riduttivi. Secondo loro sforavamo di 14 decibel”. Grasso si è così ritrovato a dover ricominciare tutto daccapo e, dal 5 agosto, pure con un’ordinanza che gli blocca la produzione notturna. Dopo aver speso 70mila euro in operazioni di bonifica di inquinamento acustico ed essersi dimostrato disponibile, Nino Grasso, lamenta la “scarsa propensione al dialogo dell’Amministrazione Comunale solierese. Non sono il classico furbetto del quartierino, ho fatto quanto mi è stato chiesto eppure sono ancora in attesa di sapere il verdetto. A giorni i tecnici comunali verranno a controllare l’azienda. Poi sarà il turno di Arpa… Mentre attendo le loro tempistiche io devo continuare a rinunciare alla produzione notturna”. Qualcuno forse dormirà sonni più tranquilli, per altri invece, a partire dai sette dipendenti licenziati, si annunciano numerose notti insonni.
Jessica Bianchi