L’idea è quella di creare un nuovo equilibrio tra distribuzione e produzione. Altoitaliano viene definita da Paolo Galli “la rete intelligente di produttori ed esercenti del fashion Made in Italy”.
Dal 2011 a oggi sono stati chiusi 74.500 negozi in Italia: un’ecatombe che riguarda in particolare l’abbigliamento, il comparto più colpito dalla crisi. Chiusi per sempre, spariti nel nulla i negozi di moda, soprattutto nella fascia medio-alta.
La riduzione drastica delle vendite ha indotto molti, moltissimi, ad alzare le braccia in segno di resa. Per fronteggiare questa emorragia e rilanciare il settore, Confesercenti Fismo ha accolto e fatto sua la proposta di cooperazione tra imprese produttrici e negozi di moda elaborata da Jolty studio associato, fondato dal carpigiano Paolo Galli, in collaborazione con il centro per l’innovazione Lugonextlab. Alla presentazione del progetto a Roma, il 14 ottobre scorso, al tavolo insieme a Galli che ha presentato Altoitaliano, c’erano il presidente della Fismo nazionale Roberto Manzoni e Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti. “Oggi il negozio multibrand – spiega Galli – è l’anello debole della catena del fashion: la clientela ha ridotto i propri acquisti, le aziende fornitrici non si interessano al successo delle vendite, le giacenze di magazzino condizionano le scelte e l’acquisto della merce rappresenta un momento particolarmente delicato. Quando poi le difficoltà aumentano, il rischio è che il negozio non riesca a pagare l’azienda fornitrice. Al contrario i negozi diretti funzionano e rappresentano una concorrenza sempre maggiore”. Insomma, quello tra azienda e negozio oggi è un rapporto perverso. L’azienda si espone al minimo rischio d’impresa (perchè il negozio per avere il prodotto deve pagare) ma al massimo rischio di insoluto (il negozio in difficoltà rischia di non pagare) mentre il negozio si espone al massimo rischio d’ impresa (acquistando con grande anticipo affronta i rischi del mercato) e applica alti ricarichi per coprire i costi dell’invenduto. L’azienda, inoltre, non si sente libera di agire sul mercato perché condizionata dalle scelte del negozio. “Il tradizionale monomarca è una soluzione accessibile solo ai brand di alta gamma ma – spiega Galli – si stanno facendo avanti soluzioni diverse per le aziende di moda: i negozi multibrand”, all’interno dei quali le aziende gestiscono un proprio spazio vetrina. Il punto vendita di prestigio viene condiviso da diverse aziende di moda e il negoziante si fa pagare per il servizio e la capacità di vendita. Altoitaliano è una rete che racchiude punti vendita e produttori.
“Altoitaliano permette ai negozianti di lavorare unicamente sul piano delle vendite, senza doversi accollare il rischio della giacenza e dell’invenduto e alle imprese consente di sviluppare un sistema simile a quello delle catene di negozi diretti dei grandi marchi, senza la necessità di investimenti solitamente richiesti per allestire una rete capillare di punti vendita propri. Inoltre, si elimina la piaga dell’insoluto, unendo forze e risorse per ottenere risultati promozionali e organizzativi inediti”.
Avere un ottimo occhio sul prodotto non basta più ai negozi d’abbigliamento di media e alta fascia, “quelli del lusso accessibile italiano, come li ha definiti Marzotto” e non è più nemmeno solo una questione di prezzo e di prodotto ma “di progetto” ribadisce Galli. “Solo con la condivisione tra diversi attori della filiera moda – ha concluso Paolo Galli – si può salvare il sistema produttivo e commerciale del made in Italy”.
Sara Gelli