Un sorso su tre se lo beve il fisco

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Potrei risultare noioso, ma difendere la cultura birraria implica anche questo. Come se non bastasse l’aumento dell’Iva dal 21% al 22%, a partire dal 10 ottobre, è scattata l’entrata in vigore di un incremento delle accise sulla birra pari al 12,5%, provvedimento scarsamente – e malamente – discusso, ma alquanto opinabile e destinato a ulteriori inasprimenti, non ancora certi ma probabili, previsti per il 1° gennaio 2014 e il 1° gennaio 2015.  “Una volta a regime – ha commentato Alberto Frausin, presidente di AssoBirra – l’aumento delle accise arriverà al 33%. Un balzo insostenibile: sulla birra si arriverà a pagare in totale il 47% di tasse. Mi pare un metodo sbagliato per reperire risorse; in questo modo, infatti, si accentua la caduta delle vendite e si mettono a rischio aziende e occupazione”. Il Governo ha fatto sapere che tali accise serviranno a finanziare istruzione, ricerca e università, come se, ammessa la veridicità di quanto dichiarato, non ci fossero altri modi che non comportino il rischio di fallimento di attività legate al settore. Chi lo volesse, per quanto possa contare l’opinione dei cittadini, può partecipare alla petizione on line sul sito www.salvalatuabirra.it. Il sito riassume gli svantaggi della manovra in vari punti chiave: “in Italia la birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica a pagare le accise e da noi le tasse sulla birra sono fra le più alte in Europa. Negli ultimi 10 anni le accise sulla birra nel nostro Paese sono cresciute del 70% e ora il Governo ha deciso di aumentarle ulteriormente. A pagare tale incremento saranno i consumatori e aumenterà anche il costo di una serata in pizzeria, uno dei pochi piaceri che gli italiani possono ancora permettersi. I balzelli sulla birra non servono: cresce il prezzo della bevanda, si riducono i consumi e le entrate dello Stato non cambiano, ma si pagano nuove tasse e si perdono posti di lavoro. La birra in Italia è fatta da oltre 500 produttori, tra grandi marchi e microbirrifici artigianali, i quali danno lavoro a oltre 150mila persone, esportano lo stile di vita italiano nel mondo e aiutano l’agricoltura nazionale”.
Erik Cantarelli

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