Vi sono luoghi nei quali perdere la propria umanità è facile. Il carcere è uno di questi. Per questo, dietro le sbarre, nell’aria viziata di celle e corridoi, la scrittura non è solo necessaria, bensì vitale, come quell’aria tanto agognata. La parola scritta è potente e, quando ha una valenza sociale, diventa preziosa, “trasformandosi in uno strumento riabilitante, al quale quest’anno abbiamo voluto dar voce all’interno della Festa del Racconto”. Alessia Ferrari, assessore alle Politiche Culturali del Comune di Carpi, spiega così la presentazione dei due nuovi volumi della collana Quaderni dal Carcere – Parole Scontate realizzato da Carlo Coppelli e Tony Contartese nella sezione maschile e Le Voci di Alice, realizzato dal centro educativo di formazione e documentazione sulle arti e sulle arti terapie, ArServizi all’interno della sezione femminile della Casa Circondariale S.Anna di Modena.Un’occasione per spalancare una finestra sul carcere, luogo separato per antonomasia. Allontanato dagli occhi e dalla coscienza di chi è fuori. A penetrare quell’altrove ci pensano, giorno dopo giorno, alcuni volontari. “In carcere si scrive moltissimo. Lettere naturalmente. E si è sempre alla ricerca di un francobollo e di un momento di silenzio. Accanto a questi istanti privati – racconta Paola Cigarini, volontaria del Gruppo Carcere Città – vi sono poi momenti più strutturati, ovvero i laboratori. Spesso abbiamo chiesto alle ragazze (ndr le detenute) perché scrivessero tanto. La risposta ricorrente è: ci siamo anche noi. O, ancora, per rompere il silenzio. Dietro le sbarre il femminile si annulla. Su 3.800 detenuti in Emilia Romagna, sono solo 155 le donne. Le sezioni femminili sono costole d’Adamo di carceri costruiti e pensati solo per gli uomini”. Avere voce diventa così indispensabile per riaffermare se stesse e la propria femminilità. “E allora – prosegue Cigarini – si scrive per volare via. Divenire farfalle è il sogno grazie al quale fuggire da un luogo nel quale il tempo è, per sua natura, congelato. Fermato al reato commesso”. E se il tempo si dilata, si allunga e si ripete, anche la vita si allontana, così come il contatto con la famiglia, gli amici, la gente… mentre lo spazio si restringe. “Dalla cella al corridoio, dal piano all’aria… la carcerazione è l’interruzione per eccellenza. E per le donne è ancor più difficile sopportare il senso di colpa. Custodi del peso della cura, dell’accudimento dei figli e, più in generale della responsabilità affettiva, la vita in carcere per le donne è un tormento”. “Il primo dolore per una donna – aggiunge la direttrice del Sant’Anna, Rosalba Casella – è quello di non poter vivere il proprio ruolo di madre. La detenzione femminile è molto più penosa di quella maschile, ed è vissuta con uno struggimento e un carico emotivo sconosciuti agli uomini. Per le donne in carcere, i figli costituiscono una vera e propria ossessione”. Il loro è il tempo di Penelope. Il tempo dell’attesa. La danzaterapeuta Cristina Lugli e Stefano Umberto Benatti di ArServizi hanno affrontato questa attesa dapprima dando vita a un laboratorio tessile, nel quale gli studenti carpigiani e le detenute crearono ciascuno un tassello, riportante una parola o un pensiero, i quali vennero poi cuciti insieme sino a formare una grande coperta. Poi emerse il bisogno di disseppellire i sogni e i sentimenti delle detenute attraverso il racconto autobiografico e nacque il quaderno Penelope Il tempo dell’attesa. Oggi è arrivata Alice, un progetto letterario dal quale si sviluppa il percorso di teatro corporeo. “I quaderni – spiega l’arteterapeuta Carlo Coppelli – nascono dalla necessità di far uscire le parole in un luogo che obbedisce a regole rigide, dove tutto viene rimpicciolito, diminuito. Per noi, presenti in carcere dal 2001, è fondamentale ridare voce a chi non ne ha”. Alice, attraverso il nonsense, offre la possibilità di ripensare se stessi e il carcere in un modo completamente nuovo. Alle sue parole fanno eco quelle di Contartese, fondatore dell’associazione culturale Sted che, dal 2004, conduce presso il Sant’Anna laboratori teatrali con i detenuti all’interno del progetto di Arte terapia di Coppelli: “i quaderni dal carcere sono un’occasione per far fluire la fantasia, per far scomparire sbarre e cancelli e tornare a essere uomini. Esseri viventi. Insieme ai propri compagni, in una dimensione ludica, divertente”. Le voci di Alice – in vendita presso la libreria La Fenice – raccoglie i pensieri e i racconti non solo delle detenute ma anche di coloro che vivono il carcere, dalle volontarie alle agenti e vuol fungere da ponte, tra là e qui. “E dar così vita a uno scambio, a un contatto”, aggiungono Cristina e Stefano. O, per dirla con le parole della direttrice del Sant’Anna, per “dare a queste donne una seconda possibilità. Mantenere il contatto tra dentro e fuori è indispensabile. La detenzione è una parentesi più o meno lunga della vita di una persona ma se non si è aperti ad accogliere chi torna, al peso della detenzione si sommerà quello dell’emarginazione che è alla base della recidiva del reato”.
Jessica Bianchi