Il sogno non deve morire

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La Leggerezza! La Leggerezza! La Leggerezza pensosa! Urla gioioso Mercuzio ferito a morte per le strade della bella Verona. Nella morte di Mercuzio c’è la morte di un mondo, di una parte fondante e fondamentale senza la quale l’uomo scivola inevitabilmente verso la tragedia. Gli artisti, i poeti, gli intellettuali, possono essere schiacciati, sacrificati come sotto un qualsiasi totalitarismo, anche in tempo di democrazia, e quest’ultima sa essere poco tenera alla stessa identica maniera. E a nulla serve l’illusione del potersi esprimere liberamente, quando sono tagliati e abbattuti “culturalmente” tutti i ponti verso chi dovrebbe essere il destinatario ultimo e fruitore della libertà che solo la cultura può dare. Cambiano i tempi, le modalità, le stagioni politiche, ma non cambia il rapporto di sudditanza e marginalizzazione che da sempre il potere instaura, con i “suoi” uomini di cultura non allineati, l’utilizzo spregiudicato e anestetizzante che di loro ne vorrebbe fare chi detiene i cordoni della borsa. Sono talmente tanti, troppi, gli esempi di artisti che testimoniano questa durissima storia della vita nell’arte, che di ciò, ormai, si è fatta regola disinvolta e abitudine. Nelle Lezioni Americane, Italo Calvino tratta, tra gli altri, il tema della leggerezza di Mercuzio e questa stessa qualità straordinaria la riscontra in altri personaggi e autori come Perseo che gli capita di vivere in un mondo di mostri, taglia la testa alla Medusa e vola con i sandali alati, elementi sottilissimi contrapposti da Montale a Lucifero dalle ali di bitume che cala sulle capitali d’Occidente, Milan Kundera con L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere, il De rerum natura di Lucrezio, le Metamorfosi di Ovidio, il poeta Cavalcanti, Paul Valery, Emily Dickinson, Henry James, Don Quijote che infilza con la lancia una pala del mulino e viene trasportato in aria… Personaggi, solo personaggi frutto di una fantasia, per alcuni. Tutto ha inizio nello spazio del teatro. Spazio fuori dal tempo ordinario, tempo altro per Mercuzio che vivendo e rivivendo la sua ineluttabile morte, giorno dopo giorno, replica dopo replica, ferito dalla banalità crudele del ruolo che gli è capitato, sfugge la trama della sua storia, svia l’incontro fatale, evoca altri luoghi, come un attore finge la morte di Mercuzio, lui finge fino in fondo, per contrasto, il suo desiderio di vivere.
Mercuzio non sta al suo ruolo, alle azioni, alle parole previste per lui. Vuole far capire a tutti quanto è importante la sua entità, la sua forma spirituale. Lui è lui, ma attraverso lui è la poesia che si manifesta, un’altra possibilità che è nell’essere umano. Lottare contro la negazione di questa possibilità è il senso della sua esistenza. L’evento che avuto inizio in quella parte della città detta reclusa è concepito come se fosse un bozzetto, un crogiuolo dove si rifà il mondo. Mercuzio, ferito a morte, riscrive la sua storia. Ogni azione in scena, come per incanto, si riverbera nello spazio circostante fino a contagiarlo, ogni pensiero produce azioni, evoca fantasmi, che prendono forma nei luoghi circostanti.

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