Tra le mille storie che il terremoto si è portato dietro, e che non andrebbero dimenticate, c’è quella di Fabrizio Malavasi. Originario della Bassa modenese, abita a Sozzigalli, e negli ultimi due anni ha avuto un negozio a Ponte Motta di Cavezzo. “Di mestiere faccio, come direbbe mia madre, ‘al strazer’, il rigattiere. Mi occupo di cose vecchie: raccolgo, svuoto case, acquisto cose provenienti da altri tempo, epoche diverse. Da qualche anno, più o meno dall’apertura del negozio a Ponte Motta, mi occupo di collezionismo cartaceo, vinile e piccolo collezionismo”. Il mestiere di Fabrizio ha, bisogna dirlo, qualcosa di affascinante. Di cinematografico, quasi. Raccogliere cose che gli altri gettano via, o dimenticano, abbandonandole in qualche polverosa soffitta. Oggetti ‘minimi’, senza importanza, che hanno poco dell’appariscenza che la nostra scintillante società sembra apprezzare come unico biglietto da visita, per attribuire valore. Ridare valore agli oggetti: questo fa Fabrizio ogni giorno. Si potrebbe quasi paragonare a un chirurgo della piccola memoria quotidiana: un medico trapianta un organo ancora funzionante da un corpo che non se ne serve più in un altro che di quello stesso organo non potrebbe fare a meno. Così Fabrizio Malavasi trova per oggetti destinati all’oblio una nuova collocazione, una nuova casa, nuove mani che sappiano apprezzarli. “Se non tutto, nella mia giovinezza ho sbagliato molte cose – racconta Fabrizio – tra cui la scuola che ho fatto, e l’essere diventato ‘per forza di cose’ un perito agrario. Io, che non distinguo un ramo da una foglia. Avevo le caratteristiche per fare una scuola a indirizzo creativo, ma l’ho scoperto molti anni dopo”. Così Fabrizio ha fatto le cose più svariate, fino a quando non è arrivato a occuparsi di fumetto: “Insieme a un notevole esperto, ho aperto un’agenzia che si occupava di fumetto e questo mi ha permesso di entrare in un mondo fantastico fatto di autori, editori e operatori. Si è messo in moto, dentro di me, un meccanismo che mi ha portato ad occuparmi di eventi, mostre ed editoria. Ho gestito per quindici anni una ditta che dal fumetto è approdata alla gestione di fiere e grafica commerciale”. Una volta scoperta la sua vera passione, il resto è stato facile: “Non sono un lettore accanito di libri, ma un curioso, uno a cui piace vedere e toccare cose particolari. Nel mio animo rimango un ‘zavaièr’ che ama andare per soffitte e garage a scoprire sempre qualcosa di nuovo, e non solo libri: magari qualche cartolina, un documento, ma anche un oggetto particolare. Il collezionismo cartaceo, il vinile, le piccole collezioni di oggetti fanno parte della nostra cultura di conservatori di patrimonio”. Ma sono le scosse di quel maledetto 29 maggio a mutare la commedia in dramma. Il terremoto si porta via negozio e magazzino – con all’interno 50mila ‘pezzi’ – distruggendoli. A quel punto per Fabrizio sarebbe stato più semplice seppellire, tra le macerie, anche tutta la sua speranza: “per un attimo ho pensato che avrei potuto accendere un fiammifero e chiuderla lì. Il palazzo era inagibile, e i proprietari stavano decidendo di farlo demolire”. Ma se c’è uno che, dalla vita, ha imparato ad arrangiarsi, a rimboccarsi le maniche, ad aggirarsi nella polvere, se c’è uno che sa che la vita, per quanto bella, poche cose regala gratis, questo è certamente Fabrizio: “Ho deciso di svuotare il magazzino con l’aiuto dei Vigili del Fuoco e molti amici. Perché andare avanti? Semplicemente perché su quello che c’era in quel magazzino avevo puntato tutto, perché doveva essere la mia ‘pensione’. Gli amici sono una delle grandi fortune della vita, e i miei hanno rischiato per me, per vedermi andare avanti, per farmi felice. Valeria, mia moglie, ha tremato all’idea che andassi dentro a quell’edificio pericolante per dei libri, ma mi è stata vicina e ha accettato questa mia vita fatta di ‘voler bene alle cose’, e ha aiutato me e i nostri amici in quei momenti difficili e deprimenti. E, allora, ci ho provato. Ci ho creduto. Ci sono riuscito”. Grazie alla determinazione e all’aiuto di tanti ora Fabrizio potrà inaugurare, sabato 8 dicembre alle 16, il suo nuovo negozio-magazzino, al civico 27/a di Stradello Soratore nel quartiere Sacca di Modena. “Invito tutti a venire a conoscere quanto ho raccolto in 12 anni di attività. Troverete cose curiose, non rare o d’antiquariato, ma che possono far tornare bambini, o riempire vuoti in collezioni, o essere il pezzo che si desiderava da tempo’. Il tempo ritrovato: questo il nome del rinato negozio. Come il titolo dell’ultimo romanzo della Recherche proustiana, come il tempo che ognuno di noi riscopre quando ‘resuscita’ tra gli scaffali o i bauli della sua casa qualcosa che pensava di aver perso da molto tempo – o che addirittura aveva dimenticato – e che gli permette di rivivere momenti ed emozioni ormai passate. Come il tempo della speranza di Fabrizio, e del suo futuro. Il tempo ritrovato in un luogo ritrovato, perché gli edifici possono crollare, l’umana volontà di guardare al futuro, no.
Marcello Marchesini