Per il secondo appuntamento di ‘Natale da sfogliare’, la rassegna di quattro incontri organizzata da Libreria La Fenice in collaborazione con Biblioteca Multimediale Arturo Loria, con il patrocinio del Comune di Carpi, giovedì 6 dicembre sarà il turno, all’auditorium Loria, di Guido Conti, lo scrittore parmense scoperto da Pier Vittorio Tondelli, che presenterà il suo undicesimo libro, ‘Il grande fiume Po’, un intreccio di storie, tra cui quella di un barcaiolo che ha fatto fortuna traghettando le persone da una sponda all’altra, quando ancora non esistevano i grandi ponti; una pionieristica repubblica sorta su un’isola in mezzo al fiume; un cacciatore di cadaveri che, all’alba della Liberazione, si muove tra le rive per pescare i corpi dei soldati morti e privarli dei loro ori. Abbiamo intervistato in anteprima l’autore.
Com’è nata l’esigenza di ‘tuffarsi’ in questa nuova avventura?
“L’idea è nata in Mondadori. Avevo sottoposto alcuni progetti, che però non piacevano fino in fondo. Quando ho parlato dell’idea di fare un libro su questo fiume si sono entusiasmati. Io meno, perché ci sono già testi importanti che parlano dei viaggi lungo il Po, penso per esempio a quelli di Zavattini e Celati, per cui trovare anche un’idea originale, una prospettiva differente, era in questo caso particolarmente difficile”.
Come racconteresti la trama della tua nuova creatura?
“Il romanzo è un itinerario lungo li Po, dalle fonti al delta. Ma non si tratta soltanto di un diario di viaggio: è anche un’antologia di scrittori e autori che hanno scritto su questo fiume. E’ un libro di storia, di racconti, di incontri con personaggi reali che mi hanno accompagnato lungo gli argini, ai morti. Un libro di incontri e dialoghi, una anabasi, un tragitto sino agli inferi, al centro della terra. Alla fine mi sono accorto di aver viaggiato nel tempo, alle radici della cultura greca che ha commerciato lungo il Po. Qui si fondono alcuni miti, come quello di Fetonte che cade nel fiume con quello di Cigno, re dei liguri. Insomma, un percorso nella storia e negli immaginari del fiume più lungo d’Italia”.
Un fiume come simbolo? Di cosa?
“Della storia e della cultura dell’Occidente. Questa è la grande novità del libro. Non si tratta solo di un romanzo: è un’opera mondo. E questo cambia completamente la prospettiva, non solo su che cosa sia oggi la letteratura, ma anche sul modo di raccontare. C’è, nel libro, un’idea di realtà molto complessa, che riguarda anche la nostra memoria personale, la nostra memoria grande, che va oltre il nostro essere qui. Il libro è divertente, ma ricco di sorprese e idee. Mescola il presente con il passato perché noi siamo tutto questo. In questo senso, Virgilio diventa, allora, mio contemporaneo”.
Mercato editoriale strapieno e pochi lettori (almeno in Italia). Vivi questa condizione come un handicap o come uno stimolo?
“Dopo venti giorni il mio romanzo era già alla seconda edizione. Il mercato del libro soffre una crisi economica che si mescola per la prima volta ad una crisi strutturale, anche perché è cambiata l’idea di libro. Al di là di questo, il mercato è pieno di opportunità, ma noi siamo un paese in declino, anche perché non c’è mai stata una vera e propria rivoluzione del libro e della lettura, anche se il mercato negli ultimi anni si è allargato. Il tema è complesso, ma ben venga un’editoria che offra al lettore più possibilità. C’è forse da fare un’opera di educazione alla lettura, ma la nostra contemporaneità, fatta di distrazione e velocità, non crea certo una società che tende alla meditazione e alla rilettura ma piuttosto al consumo veloce. Tutto questo nel bel mezzo di un cambiamento epocale della forma-libro. Credo che il futuro offra molte possibilità, sia per chi scrive che per gli editori”.
Prossimi progetti?
“Tanti. Adesso sono in giro per presentazioni e mi piace il rapporto con il pubblico parlando di un libro di storie come quello del Po, che non è mai stato un fiume locale ma, dal 1861, un fiume europeo. E questo la dice lunga sull’ignoranza che gli italiani hanno in merito alla propria storia e alla propria cultura”.
Marcello Marchesini