A Montreal sognando un futuro in diplomazia

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Per chi insegue il sogno della carriera diplomatica, la strada da percorrere è lunga e complessa, ma inizia sempre da una prerogativa assoluta: viaggiare. Ed è per questo che la 23enne carpigiana Martina Po, laureata in Scienze Diplomatiche e Internazionali, e iscritta al penultimo anno di Giurisprudenza, ha scelto come meta del suo progetto universitario Overseas, Montreal, la città più popolosa del Quebec con i suoi due milioni di abitanti. Una metropoli cosmopolita e crocevia di due grandi culture, quella francese e quella inglese, che fanno di essa una grande finestra del mondo nord-americano sull’Europa.
Martina, sono ormai due mesi che vivi a Montreal. Puoi tracciare un bilancio positivo di questa esperienza?
“Ero già stata a Montreal nel 2007 durante il Liceo per un’esperienza di scambio interculturale, e la città mi aveva lasciato un ottimo ricordo. Ci sono voluta tornare nell’ambito di questo progetto, innanzitutto per perfezionare la mia conoscenza della lingua francese anche se qui si parla una sua leggera variante, il famoso “quebecois”, e poi perchè nonostante sia una metropoli dal carattere internazionale, è estremamente vivibile e a misura d’uomo. Le persone sono molto affabili e disponibili, tuttavia, essendo una grande città, occorre ovviamente abituarsi a tempistiche, trasporti, e organizzazione, ma sto imparando e soprattutto sto vivendo appieno tutto ciò che la città può offrire. Vivo a Outremont, un quartiere bellissimo e residenziale a due fermate di metrò dall’università, in un appartamento che condivido con altre 4 studentesse, ma ciò non rappresenta un problema poichè è davvero molto spazioso, e con un’ampia terrazza. Sono la più giovane di un bel gruppo, che è un pout-pourri di diverse nazionalità e culture”.
Cosa ti sta dando questa esperienza dal punto di vista delle conoscenze e in rapporto alla loro spendibilità nel mercato del lavoro?
“All’università sto frequentando 4 corsi: Diritto dell’Ambiente Internazionale, Diritto Internazionale dei Diritti Umani, Diritto del Cyberspazio e Transazioni Commerciali Internazionali. In definitiva, il leitmotiv del mio piano di studi è sempre Diritto Internazionale, proprio allo scopo di avere competenze ad ampio raggio nell’ambito, e imparare il linguaggio tecnico anche in un’altra lingua. Inoltre, qui si respira un’atmosfera più internazionale rispetto all’Italia”.
Si sente la crisi? Da quello che ti raccontano, i ragazzi del posto incontrano difficoltà a trovare il lavoro per il quale hanno conseguito la laurea? Qual’è la situazione occupazionale in generale, e in particolare dei giovani?
“La crisi si sente anche qui, ma in modo diverso, e probabilmente meno gravoso. A Montreal la maggiore preoccupazione ha riguardato i movimenti studenteschi della primavera e dell’estate scorse, nel corso dei quali si è arrivati quasi alla guerriglia per un programma dell’ormai passato governo, che prevedeva l’aumento delle tasse universitarie in modo spropositato. Alle elezioni della provincia del Quebec di un mese fa ha ovviamente vinto il partito che ha promesso di non fare questo aumento, e adesso la situazione si è quindi normalizzata, ma nei primi giorni di agosto mi è capitato di trovare in un corridoio dell’università la squadra antisommossa per controllare che non vi fossero subbugli”.
Quali differenze hai riscontrato rispetto all’Italia, dal punto di vista del sistema universitario?
“Il sistema universitario è profondamente diverso: le università italiane offrono agli studenti un’ampia e approfondita base teorica, per poi giungere a far fare loro anche qualcosa di pratico, concreto, e indubbiamente più utile dal punto di vista delle future esperienze lavorative. Invece, qui il metodo è esattamente l’opposto: la teoria pura rappresenta solo un breve assaggio della materia, perchè, poi, la maggior parte dell’apprendimento si raggiunge con la pratica, lavorando in autonomia su casi specifici, in modo da entrare già nell’ottica lavorativa in cui conta fare e non solo sapere. Inoltre, gli esami hanno modalità open-book, perché non è nei libri che si trovano le risposte ai peculiari problemi di diritto, ma il libro può comunque servire per rileggere una determinata convenzione o un trattato da applicare poi al contesto specifico. In effetti, il sistema open-book, come suggerisce il termine stesso, consente agli studenti di consultare il libro in sede di esame, in quanto quest’ultimo non prevede domande nozionistiche, ma di ragionamento e applicazione”.
Il tuo futuro lo vedi in
Italia o all’estero?
“Per l’ambito che ho scelto e che mi piacerebbe portare avanti, cioè il diritto internazionale puro, almeno agli inizi dovrò essere disposta a viaggiare molto, e a fare molte esperienze al di fuori dei confini italiani. Poi penso e spero di tornare in patria, per riuscire garantirmi un po’ di stabilità lavorativa nel nostro territorio, anche se al momento, purtroppo, non sembra offrirne molta, soprattutto a noi giovani”.
Chiara Sorrentino

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