“Il nostro autunno in container”

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Sono passati quasi 5 mesi dalla tragica scossa di terremoto del 29 maggio, ma ci sono ancora persone che ne stanno subendo duramente le conseguenze, come la 29enne Vittoria Neri e i suoi genitori Eva e Willer che, non potendo essere ospitati dai parenti carpigiani per non allontanarsi troppo dal lavoro, dovranno passare l’inverno all’interno di due container, con la speranza che la temperatura non scenda troppo al di sotto dello zero. “La nostra casa di due piani – ci racconta Vittoria, titolare di Acconciature Vicky Fashion a San Prospero – aveva già riportato gravi lesioni in seguito alla scossa del 20 maggio, al punto che era stata dichiarata inagibile, seppur recuperabile attraverso opportuni interventi. Inoltre, anche il nostro capannone agricolo, distante pochi metri dalla casa, era stato duramente compromesso dal violento terremoto, con conseguente attestato di inagibilità. Pertanto, la nostra vita già dopo quel giorno era cambiata radicalmente. Non potendo più entrare né in casa né nel capannone perchè entrambi pericolosi nell’eventualità di un’altra scossa, di notte dormivamo nei camion per lo spurgo di mio padre e in un piccolo container di nostra proprietà, mentre per il giorno avevamo allestito nel cortile una piccola cucina con tavolo e sedie, e una doccia in mezzo a una siepe. Se già la situazione era per noi molto difficile, il colpo di grazia è arrivato con le due scosse del 29 maggio. Le crepe che si erano formate si sono notevolmente allargate fino a diventare larghe quanto un palmo di mano, le scale sono collassate e si sono create delle profonde crepe diagonali dagli angoli superiori delle pareti esterne fin quasi al suolo. Abbiamo quindi contattato un geometra che ha confermato i nostri timori: la casa non era più recuperabile e anzi occorreva intervenire con urgenza per metterla in sicurezza, al fine di garantire la nostra incolumità e quella degli altri abitanti della via e di tutti i passanti, dal momento che l’edificio si affacciava sulla strada. E così, dopo pochi giorni, abbiamo dovuto far demolire il primo e il secondo piano della nostra casa, salvando per il momento solo il piano terra, ma anche quello, a breve, sarà da abbattere. Pensavamo che il Comune avrebbe contribuito all’intervento di messa in sicurezza, ma in realtà, come tutti abbiamo constatato in seguito, le spese sono state tutte a carico di noi privati cittadini. Invece, il capannone, fortunatamente, dopo le necessarie opere di adeguamento è tornato agibile”. In questi momenti di estrema difficoltà, dove non crollano solo le abitazioni ma anche le certezze e i sogni di tutta una vita, la speranza può arrivare da un gesto di solidarietà inatteso. “Nella disgrazia, abbiamo avuto la fortuna di poter ricevere un aiuto dai Fratelli Baraldi, specializzati in costruzioni e demolizioni, e che sono gli stessi che hanno operato per la messa in sicurezza della nostra casa. Sono amici di famiglia di lunga data e dopo essersi prodigati con grande impegno e generosità, sono riusciti a procurarci due container in disuso provenienti dalla Tav. In un container abbiamo allestito la cucina, mentre nell’altro abbiamo creato il reparto notte. Non sarà come una casa, ma è sempre meglio che dormire in camion o in tenda”. “Ciò che ci preoccupa di più al momento – ha proseguito la signora Eva, mamma di Vittoria – è l’inverno imminente. Nei container abbiamo dei climatizzatori in pompa di calore ma temiamo che questi possano non essere sufficienti a riscaldare l’ambiente, se l’inverno dovesse rivelarsi rigido come quello dello scorso anno. Pertanto, ci stiamo già informando su forme supplementari di riscaldamento e, al momento, pensiamo che le stufe a luce possano rappresentare una soluzione abbastanza efficace e al contempo sicura. Non vorremmo che appena superata una tragedia, ce ne dovesse piombare addosso un’altra. In container abbiamo qualche timore anche relativamente a possibili episodi di micro-criminalità in continua crescita, complice anche la crisi. Un container infatti non potrà mai dare la sicurezza di una casa. Tuttavia, se ci allontanassimo da qui per andare a vivere in un appartamento, il nostro capannone sarebbe ancora più esposto al pericolo di furti e vandalismi. Al suo interno sono custoditi trattori e altre macchine agricole che costituiscono i pochi beni che si sono salvati dal terremoto e inoltre abbiamo i nostri cani e le nostre anatre qui, per cui non possiamo andarcene”. Vittoria e la sua famiglia, che da due settimane hanno potuto finalmente riscuotere in banca il contributo per l’autonoma sistemazione, mostrano tante perplessità riguardo al futuro del nostro territorio. “Noi emiliani -ha concluso Eva – ci sentiamo trattati dallo Stato come terremotati di Serie B, pur manifestando ovviamente la massima solidarietà nei confronti dei terremotati dell’Aquila. E’ da poco stato deciso che la proroga di sospensione del pagamento delle tasse scadrà a fine dicembre, mentre i terremotati in Abruzzo sono stati esentati per tre anni e, inoltre, a parte il piccolissimo contributo che è arrivato in questi giorni, non abbiamo di fatto ricevuto nulla di concreto per la ricostruzione e il riavvio dell’economia. All’Aquila hanno costruito delle nuove abitazioni per i terremotati, a noi hanno fatto pagare persino lo smaltimento delle macerie delle nostre case”.
Chiara Sorrentino