Cinque denunce ai Carabinieri di Nonantola, due nei confronti di ex collaboratori per diffamazione e tre per violazione della privacy ad altrettanti clienti: sono queste le misure intraprese lunedì 16 luglio dal responsabile della palestra Motus di Carpi, il 33enne Francesco Dal Canto, che dichiara di volersi tutelare. “Una persona ha appiccicato davanti all’entrata della palestra il mio numero di telefono, probabilmente fornitogli da una persona che ha lavorato in palestra, mettendolo poi anche on line. Ricevo almeno 10 telefonate al giorno, messaggi di insulti e minacce e su Internet c’è addirittura qualcuno che mi ha rivolto pesanti intimidazioni. A tutti però rispondo che non sono né un socio, né il legale rappresentante, né l’amministratore della catena di palestre”. Il 33enne originario della provincia di Pisa, compaesano e amico del proprietario della catena Motus, Stefano Gambaccini, ha deciso di farsi avanti dopo che la chiusura della struttura di via Eraclito, decisa lo scorso 7 luglio senza alcun preavviso, ha scatenato un putiferio tra i clienti, preoccupati di non rivedere più il denaro versato per gli abbonamenti. “Soltanto per i costi fissi servono 110mila euro al mese – continua Dal Canto – tra cui 40mila di stipendi, 20 di affitto e altrettanti per l’illuminazione. Dopo le scosse abbiamo avuto un drastico calo degli incassi dei RID bancari, facendoci arrivare a 50mila euro di insoluti, per ognuno dei quali Motus paga alla banca 6,40 euro. Tutto questo ci ha messo ovviamente in difficoltà”. Secondo la versione del responsabile, gli ingressi giornalieri sarebbero passati da 900 a 300, determinando un crollo verticale del fatturato. A ciò si aggiunge la perizia rilasciata dall’ingegner Marc’Aurelio Santi, datata 10 giugno, che stabilisce l’agibilità sismica provvisoria dell’edificio, anche se: l’utilizzo dei locali resta limitato al piano terra in quanto al primo piano risultano non essere state sistemate piccole lesioni non strutturali e lo spostamento di alcuni elementi del controsoffitto che si sono scollegati dalle guide fissate sulle murature verticali. “Non potendo utilizzare i nostri due fiori all’occhiello, ovvero piscina e piano superiore, abbiamo deciso di chiudere temporaneamente, ma non c’è nessuna truffa”. Ma cosa succederà adesso? “Tre sono le possibilità: o si fa un adeguamento dei locali, togliendo la piscina e dimezzando così costi e prezzi; oppure si cerca un altro immobile più piccolo; altrimenti potrebbe darsi che sopraggiunga un investitore ad acquistare tutta la struttura per poi darcela in gestione”. Soluzioni che, seppur praticabili, richiederebbero tempi piuttosto lunghi. Ma se nessuna di queste strade risultasse percorribile? Stando a quanto dichiara Dal Canto, pare che una clausola del contratto stabilisca che nulla è dovuto ai clienti in caso di spostamento o cessazione dell’attività. “Certo, se dovesse andare così – conclude – mi impegnerò affinché chi ha sottoscritto abbonamenti pochi giorni prima della chiusura possa riavere i suoi soldi. La proprietà mi ha fatto sapere che una decisione verrà presa entro 10 giorni”. Una vicenda intricata e spinosa, che rischia comunque di trascinarsi per mesi dando l’avvio a numerose polemiche. Quel che ad oggi è sicuro è che la storia di Motus, così come l’abbiamo conosciuta sino a oggi, può dirsi definitivamente conclusa.
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