Attraversare Rovereto significa compiere un viaggio a ritroso nel tempo. Osservando gli edifici crollati, le case tutte una crepa, le fabbriche vuote, pare quasi di rivivere i momenti della Seconda guerra mondiale, quando i bombardamenti non risparmiavano niente e nessuno, civili compresi. Eppure, come da quelle macerie l’Italia ha saputo rinascere a nuova vita, più bella e vitale di prima, così ora, nella frazione di Novi, c’è chi non si arrende allo sconforto; chi dimostra col proprio impegno che il desiderio di andare avanti può essere più forte della paura. E così lo storico Forno Panzani, che si affaccia su Rovereto sin dal lontano 1931, ma che è stato irrimediabilmente danneggiato dalle scosse, ha riaperto da poco più di una settimana. In due container. “Speriamo di poter tornare nei locali della nostra attività il più velocemente possibile – dichiara Nando Panzani, che gestisce il forno insieme alla sorella Saura – non dico entro poche settimane, ma almeno nel giro di qualche mese. Purtroppo non abbiamo ancora una perizia precisa, ma i danni pare siano meno gravi di quanto pensassimo. Il vero problema è il bar di fianco che, crollando, preme sulla nostra struttura rischiando di danneggiarla ancor di più”. Si sono dovuti arrangiare, raccontano i due fratelli, acquistando i due container con i propri soldi – circa 15mila euro in totale – perché a noleggio non se ne trovavano più. Lamentano il fatto che le istituzioni, in questi momenti drammatici, nella frazione si facciano vedere poco. “Per fortuna un nostro cugino ci ha dato la possibilità di posizionarli davanti a casa sua, altrimenti saremmo ancora qui ad aspettare. Dopo le scosse, Rovereto stava morendo, era un paese fantasma, tutto chiuso. Sbarrato. Così anche le tante persone che hanno la casa agibile stavano letteralmente scappando via. Io non ci sto – spiega Nando con piglio deciso, anche se l’emozione e la consapevolezza di cosa ci sia in gioco gli fanno tremare un poco la voce – e voglio dare il segnale che il nostro futuro è ancora qui”. Mettersi in gioco, rischiare anche i risparmi di una vita pur di non arrendersi. Anche perché, a 55 anni, qualcosa per andare avanti bisogna pur inventarsela. “La routine non esiste più, ma una qualche normalità bisogna rimetterla in piedi”. E i clienti, per fortuna, per ora stanno rispondendo bene, perché tutti i giorni si presentano davanti alla ‘nuova sede’ del Forno Panzani. Chi a prendere un po’ di pane, chi un pezzo di stria, chi per fare un saluto, per ribadire che sì, Rovereto c’è. Certo che di coraggio per riaprire ce n’è voluto tanto. “Dopo la scossa del 20 maggio avevamo rimesso tutto in ordine in pochissimo tempo e pensavamo di esserci lasciati alle spalle un incubo orribile. Invece, con quel maledetto martedì 29, ci siamo sentiti tagliare le gambe: eravamo disorientati, non abbiamo avuto nemmeno la forza di capire cosa fosse realmente successo”. Ma, conclude Nando, ripetendo a noi e a se stesso una frase che in queste settimane deve essere stata la sua compagna di strada più assidua, da qualche parte bisogna ripartire, in un modo o nell’altro. Farlo dalla fragranza di una forma di pane appena uscita dal forno è un inizio che profuma di speranza.
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